- 04/02/2017
- Postato da: Marta
- Categorie: Approfondimenti, Notizie
Le attività dei ministeri che si occupano di legislazione alimentare sono a tutt’oggi coperte da una fitta coltre la quale, inevitabilmente, induce sospetti e stimola reazioni critiche. È ora di voltare pagina e introdurre un sistema di ‘governance’ degno della democrazia a cui confidiamo di appartenere.
Alcuni esempi valgono a esprimere il concetto sopra espresso:
– decreto origine grano. Si ha notizia dell’avvenuta creazione di un tavolo di lavoro presso il Mi.P.A.A.F. che tuttavia, con buona pace delle premesse e delle consultazioni delle rappresentanze di filiera, formalizza in tutta fretta uno schema di decreto neppure in grado di superare il vaglio della Commissione europea. Prima di venire contestato in sede WTO-TBT,
– decreto origine latte. In questo caso lo schema di decreto supera il vaglio della Commissione, grazie allo stratagemma della sua efficacia transitoria (inferiore ai due anni). Il provvedimento viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed è prossimo all’entrata in vigore, ma non si ha alcuna notizia ufficiale sulle linee guida ministeriali che dovrebbero chiarire una serie di dubbi sulla sua applicazione. Si preannuncia frattanto un potenziale contenzioso in sede WTO-TBT,
– linee guida ministeriali sul reg. UE 1169/11 (c.d. FIC, ‘Food Information to Consumers’). Il documento viene pubblicato all’improvviso, in periodo pre-natalizio, senza alcuna preventiva diffusione pubblica che sarebbe stata utile (rectius, necessaria) a raccogliere e possibilmente risolvere eventuali dubbi delle parti sociali interessate,
– decreto sanzioni relative a ‘nutrition & health claims’ . L’atto avente forza di legge viene approvato dal Consiglio dei Ministri il 21.1.17, la ‘vacatio legis‘ sarà presumibilmente quella ordinaria di 15 giorni dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma non è possibile leggerne il testo né riceverne copia, neppure a seguito di ripetute istanze presso gli uffici stampa della Presidenza del Consiglio e del Mi.S.E., oltreché presso la competente Direzione Generale di quest’ultimo.
I lavori preparatori della normazione primaria e secondaria continuano a venire condotti in ‘camera caritatis‘, con la sola partecipazione delle secolari ‘lobby‘ di Confindustria e delle Confederazioni agricole, talora pure di quelle artigiane. Salvo invitare le Associazioni dei consumatori a sporadici eventi pubblici.
Queste opache prassi trascurano del tutto sia l’attuale vizio di rappresentanza dei citati interlocutori, sia la pluralità di soggetti – imprese e professionisti, funzionari pubblici, associazioni non governative, ricercatori, giornalisti, oltre ai cittadini stessi – i quali hanno legittimo interesse ad accedere ai documenti di lavoro, conoscere le posizioni espresse dai vari ‘stakeholders‘, esprimere ove del caso osservazioni e contributi in vista della migliore realizzazione degli obiettivi condivisi.
Trasparenza e ‘governance‘ sono indispensabili per il buon governo e la buona amministrazione. Basti trarre ispirazione dall’operato della ‘Food and Drug Administration‘ (USA), che pubblica sul proprio sito internet ogni progetto di norma di attuazione e interpretazione delle leggi federali, fissando termine per la formulazione di commenti puntualmente registrati e resi pubblici, prima di provvedere sotto la propria responsabilità alla finalizzazione degli atti. E così diverse altre autorità nazionali, dall’Europa continentale al Sud Africa e l’Australia.
Anche la Commissione europea ha provato a cimentarsi in simili attività, nel contesto della c.d. ‘Better Regulation‘ lanciata a Lisbona nel lontano anno 2000. Si osservano alcuni spunti interessanti, come le tabelle di marcia sui vari dossier regolativi in fase di revisione, ma l’obiettivo è ancora lontano. E rimarrà tale fino a che i governi e le amministrazioni degli Stati fondatori a loro volta operino in base allo ‘aumma aumma‘.
Non a caso il livello di corruzione percepita in Italia ci colloca in fondo alle recenti classifiche di ‘Transparency International‘. Ed è pur certo che non si può etichettare come ‘populismo’ la diffusa esigenza che queste criticità vengano inserite nei programmi politici e risolte al più presto, una volta per tutte.
Dario Dongo