L’attività della Commissione Agricoltura della Camera nella corrente legislatura in materia alimentare

Sono due i recenti interventi (18 e 20 gennaio 2017) con i quali ci si è occupati di quanto prodotto nella corrente legislatura, in materia alimentare, rispettivamente dalle Commissioni Agricoltura e Industria del Senato.

In questa sede l’attenzione sarà rivolta a quanto è in corso di esame presso la Commissione Agricoltura della Camera.

Farine integre. La proposta di legge C. 1932, d’iniziativa di L’Abbate (M5S) e altri, contiene “Disposizioni concernenti l’etichettatura delle farine di grano duro non raffinate o integre e dei prodotti da esse derivati e misure per la promozione della loro vendita e del loro consumo”.

L’esame ha avuto inizio nella seduta del 6 ottobre 2016. In seguito la Commissione ha proceduto ad audizioni informali.

La proposta di legge C. 1932 è intesa a differenziare i prodotti alimentari realizzati totalmente con farine di grano duro, non raffinate, incoraggiandone la vendita e il consumo e informando opportunamente il consumatore attraverso la dicitura “farine integre”.

Nella relazione illustrativa del provvedimento si osserva che i consumatori italiani sono costretti ad accettare che gli alimenti meno costosi siano spesso quelli meno salutari e più raffinati, in altre parole prodotti industriali con innumerevoli ingredienti in etichetta, tali da renderla incomprensibile. È il caso dei prodotti etichettati come integrali (quali pane, pasta, fette biscottate, cracker, prodotti da forno, biscotti e dolci) ma che, per la maggior parte, sono prodotti con farina raffinata industrialmente (la cosiddetta “00”) cui è stata aggiunta una crusca devitalizzata e finemente macinata, ossia un residuo della lavorazione di raffinazione. Una lavorazione facilmente identificabile, ad esempio, nel pane che è contraddistinto da un colore chiaro (la farina raffinata) ed è inframmezzato da punti scuri (la crusca aggiunta). Questi farinacei prodotti con farine bianche raffinate arricchite di crusca sono privi del germe e non hanno tutte le migliaia di sostanze che cooperano per garantire il massimo assorbimento dei nutrienti, la massima digeribilità e la massima protezione contro le malattie che le farine di grano duro non raffinate (le “integre”) possono garantire come testimoniato da recenti studi scientifici. 

La C. 1932 si compone di tre articoli.

L’articolo 1 contiene Finalità e definizioni. Le finalità sono state già indicate. In punto di definizioni, per farine di grano duro non raffinate o integre si devono intendere le farine ottenute senza alcun processo di raffinazione atto a separare all’origine i componenti nutrizionali della materia prima e senza ricostituzione, tramite miscelazione, degli elementi in precedenza separati.

Per la semola di grano duro restano fermi le caratteristiche e i limiti stabiliti dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 febbraio 2001, n. 1871.

L’articolo 2 reca Disposizioni per incentivare la vendita e il consumo di farine di grano duro non raffinate o integre e dei prodotti da esse derivati. Nei bandi di gara per gli appalti pubblici di servizi o di forniture di prodotti alimentari destinati alla ristorazione collettiva, emanati dalla regione e da enti da essa controllati o partecipati, in altre parole promossi dalle province e dai comuni, costituisce titolo preferenziale per l’aggiudicazione l’utilizzo prevalente, rispetto ad altri prodotti, di farine di grano duro non raffinate o integre e dei prodotti da esse derivati, in particolare pane e pasta. I servizi di ristorazione scolastica e ospedaliera pubblici baderanno a integrare i rispettivi menù con prodotti derivanti da farine di grano duro non raffinate o integre, in particolare pane e pasta. I punti vendita che propongono farine di grano duro non raffinate o integre e prodotti da esse derivati informeranno, con specifica locandina, i consumatori sui princìpi nutritivi e sugli effetti sulla salute derivanti dall’utilizzo di farine di grano duro non raffinate o integre e dei prodotti da esse derivati. 

L’articolo 3 attiene alle modalità di Etichettatura di farine di grano duro non raffinate o integre e dei prodotti da esse derivati. Sarà obbligatorio segnalare in etichetta che il prodotto integrale è integro nel senso di essere stato ottenuto per frantumazione meccanica del chicco intero e con la presenza di germe di grano.

In data 11 gennaio sono stati ascoltati rappresentanti della Federazione italiana panificatori pasticceri e affini (FIPPA), dell’Associazione nazionale dei panificatori e pasticceri (ASSOPANIFICATORI) e dell’Associazione nazionale panificatori (ASSIPAN).

Il 18 gennaio si è svolta l’audizione di rappresentanti della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA) alimentare, di CONFARTIGIANATO alimentazione e dell’Associazione industriali mugnai d’Italia (ITALMOPA).

Il 25 gennaio la Commissione ha proceduto all’audizione di rappresentanti dell’Associazione nazionale cooperative tra dettaglianti (ANCD-CONAD), dell’Associazione nazionale cooperative di consumatori (ANCC-COOP) e di FEDERDISTRIBUZIONE.

Filiera corta. Sono l’’esame della Commissione tre proposte di legge per favorire la vendita e il diretto consumo dei prodotti alimentari provenienti da filiera corta.

Queste le proposte di legge:

C.77: “Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero e di qualità, nonché modifiche all’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 2282”, d’iniziativa di Realacci (PD) e altri. La filiera corta è intesa come modalità di distribuzione alimentare che prevede un rapporto diretto tra produttori e consumatori, singoli o organizzati. Una procedura virtuosa che riduce il numero degli intermediari commerciali diminuendo, conseguentemente, il prezzo finale. Gli acquisti possono avvenire tramite vendita diretta, mercatini, gruppi di acquisto, cooperative di consumo o commercio elettronico. La filiera corta permette inoltre al consumatore una migliore conoscenza delle qualità intrinseche del prodotto e di chi lo produce oltre ad ottenere un prezzo vantaggioso per chi acquista e una retribuzione equa per chi vende.

C.1052: “Norme per la promozione della vendita diretta e del consumo dei prodotti alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e dei prodotti alimentari stagionali e di qualità”, d’iniziativa di Caon (Misto-Fare!, PRI) e altri. Le disposizioni contenute nella C.1052 sono intese a valorizzare e sostenere il consumo e la commercializzazione dei prodotti alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e dei prodotti alimentari stagionali e di qualità, garantendo ai consumatori un’adeguata informazione sull’origine e sulle specificità di tali prodotti, anche al fine di promuovere il consumo di alimenti a basso impatto ambientale.

C.1223: “Norme per la valorizzazione e la promozione dei prodotti agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro utile e da sistemi di garanzia partecipativa, nonché modifiche all’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228”, d’iniziativa di Gallinella (M5S) e altri. La C. 1223 persegue l’obiettivo di incoraggiare il consumo di prodotti agroalimentari ed ecologici provenienti da filiera corta, caratterizzata dall’assenza d’intermediari commerciali, ovvero composta di un solo intermediario tra il produttore e il consumatore, e a chilometro utile, da intendersi come la distanza massima di 50 chilometri tra area di produzione e trasformazione e quella di vendita, quando le stesse aree non siano ricomprese nei territori di comuni confinanti. Tra i prodotti da valorizzare, particolare attenzione è riservata a quelli provenienti da sistemi di garanzia partecipativa ovvero quei sistemi nei quali la certificazione di qualità è conferita attraverso l’accertamento diretto, da parte dei soggetti partecipanti, consumatori e produttori, del rispetto dei criteri guida definiti da ciascun sistema a livello locale in base alle proprie relazioni di fiducia, interdipendenza e scambio di conoscenze. 

L’esame è iniziato 13 maggio 2013.

Il 17 luglio dello stesso anno è stato nominato un comitato ristretto, che si è riunito una prima volta il 31 luglio 2013.

Nella seduta del 20 febbraio 2016 la Commissione delibera di adottare come testo base per il seguito del lavoro il testo elaborato dal Comitato ristretto.

Avverte la relatrice Mongiello (PD) che lo schema normativo è frutto di un lavoro condiviso dai gruppi su vari temi: la valorizzazione delle produzioni del territorio, il riconoscimento della qualità del territorio, la sostenibilità delle imprese e le garanzie per i consumatori per un’alimentazione sana, sicura e accessibile, obiettivi individuati anche con riferimento a quelli posti nella nuova PAC e nella strategia europea 2020. Fa inoltre presente che gli scopi del testo unificato delle proposte di legge, che ci si prefigge di raggiungere anche attraverso un’ottimizzazione della fase dell’intermediazione, sono di ottenere una riduzione del prezzo finale praticato ai consumatori dando nello stesso tempo vantaggi ai produttori in termini economici, diffondendo altresì una migliore conoscenza delle qualità intrinseche dei prodotti valorizzandone i territori di produzione. 

Il testo proposto dal Comitato ristretto ribadisce che lo scopo da perseguire sta nel valorizzare e promuovere la domanda e l’offerta dei prodotti agricoli e agroalimentari a chilometro zero, di quelli provenienti da filiera corta, dei prodotti agricoli e alimentari di origine locale, stagionali e di qualità, e dei prodotti provenienti da sistemi di garanzia partecipativa, favorendone il consumo e la commercializzazione e garantendo ai consumatori un’adeguata informazione sulla loro origine e sulle loro specificità. 

I prodotti agricoli e agroalimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero sono quelli provenienti da luoghi di produzione della materia prima o delle materie prime poste a una distanza non superiore a settanta chilometri di raggio dal luogo di vendita, o quelli per i quali è dimostrato un limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto calcolato dalla fase di produzione fino al momento del consumo finale. I prodotti di qualità certificati sono quelli provenienti da coltivazioni biologiche, oltre ai prodotti agricoli e alimentari designati da indicazioni geografiche e da denominazioni d’origine protette, i prodotti agricoli e alimentari registrati ai sensi delle specialità tradizionali garantite, e i prodotti tradizionali e le produzioni agroalimentari italiane tipiche e di qualità individuati. I prodotti provenienti da sistemi di garanzia partecipativa provengono da sistemi di assicurazione della qualità che agiscono su base locale nei quali la certificazione di qualità è conferita attraverso l’accertamento diretto da parte dei soggetti partecipanti, consumatori e produttori, del rispetto dei criteri guida definiti da ciascun sistema a livello locale in base alle proprie relazioni di fiducia, interdipendenza e scambio di conoscenze.

Nelle procedure a evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di ristorazione collettiva e per la fornitura di prodotti alimentari devono essere inseriti i criteri minimi ambientali previsti dalla normativa in vigore. Si possono inoltre riservare agli imprenditori agricoli esercenti la vendita diretta di prodotti agricoli, almeno il 20 per cento del totale dei posteggi nei mercati al dettaglio situati in aree pubbliche.
Per favorire l’acquisto e il consumo di tali prodotti e peri assicurare un’adeguata informazione ai consumatori sull’origine e sulle specificità dei prodotti stessi, le strutture commerciali possono destinare alla vendita di tali prodotti almeno il 30 per cento della superficie totale. Per queste stesse i comuni destinano specifiche aree per la realizzazione dei mercati riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli.

Si dettano quindi le necessarie modificazioni all’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228.

È istituito, con decreto del Ministro delle politiche agricole, il marchio di filiera “chilometro zero” che identifica i prodotti agricoli e agroalimentari di comprovata sostenibilità ambientale per i quali dalla produzione alla distribuzione è dimostrato un ridotto apporto di emissioni inquinanti. Tale marchio può essere evidenziato, assieme alle caratteristiche ambientali di tali prodotti, nello scontrino rilasciato nei mercati e nelle strutture commerciali che vendono tali prodotti.

È inoltre istituito un nucleo che svolge funzioni di prevenzione e di controllo dei prodotti disciplinati dalla legge e, in particolare, per la tutela della sostenibilità ambientale delle filiere agricole e della qualità dei prodotti agricoli e alimentari, e dell’educazione e dell’informazione alimentari di carattere non sanitario.

In apposito allegato si disciplinano il marchio “chilometro zero”, il logo “chilometro zero”, i modi d’uso del logo, la verifica di conformità.

Questo in sintesi l’elaborato del Comitato ristretto.

Dopo di che è sceso il silenzio.

Organizzazioni dei produttori agricoli.  Sono due le proposte di legge che recano interventi per il rafforzamento del mercato agroalimentare e per la revisione della normativa in materia di organizzazioni di prodotto. 

Si tratta:

della C.301: “Modifiche al decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, in materia di disciplina dei mercati agroalimentari”, d’iniziativa di Fiorio (PD) e Cenni; e

della C.474: “Modifiche al decreto legislativo 27 maggio 2005, n. 102, in materia di disciplina delle organizzazioni di prodotto nel settore agricolo”, d’iniziativa di Oliverio (PD) e altri.

Il 20 maggio 2013 è cominciato l’esame in Commissione. Indi è stato costituito un Comitato ristretto, riunitosi tre volte: l’ultima l’8 gennaio 2015. Poi se ne sono perse le tracce. Si presume in dipendenza della riforma della PAC (Politica agricola comune) per il periodo 2014-20203.

La C.301 rispondeva a più esigenze: ordinare l’intera materia in modo da aggiornare i riferimenti legislativi di base, posto che in agricoltura le strutture associative si sono organizzate facendo riferimento a differenti normative nazionali ed europee; rivedere alcuni istituti qualificati e alcune definizioni oggi in vigore; trasferire moduli e procedure utili in taluni settori ad altri settori in modo da estenderne i benefici; riordinare la materia delle relazioni tra settori della produzione, da quelle agroindustriali, tramite una rinnovata presenza del governo dell’agricoltura a livello sia nazionale sia regionale.

Anche la C.474 modificava la legge n. 102/2005, prevedendo che le organizzazioni di prodotto predispongano piani operativi agroindustriali in modo da poter confrontarsi efficacemente sul mercato, svolgendo un’idonea programmazione con un valore minimo di conferimento che non è fissato per legge.

Agricoltura biologica. Due le proposte di legge in materia:

C.302: “Disposizioni per lo sviluppo e la competitività della produzione agricola e agroalimentare con metodo biologico”, d’iniziativa di Fiorio (PD) e Cenni;

C.3674: ”Norme in materia di produzione biologica”, d’iniziativa di Castiello (FI-PdL) e altri.

L’esame della prima proposta è iniziato il 4 giugno 2013. In quell’occasione fu deliberato di proseguire la discussione in sede di comitato ristretto.

Il 4 ottobre 2016 è stato deliberato l’abbinamento con la C.3674: testo particolarmente articolato. Si valuterà di presentare ancora in comitato ristretto un’ipotesi di sintesi di entrambi i provvedimenti.

Le finalità stanno nel favorire lo sviluppo e la competitività della produzione biologica, concorrendo alla tutela dell’ambiente, della biodiversità, della salute e del diritto dei consumatori a una corretta informazione.

Per la definizione di agricoltura biologica si rinvia alla disciplina europea, segnatamente al regolamento 834 del 20074. Va da sé il divieto di utilizzare OGM (organismi geneticamente modificati) nella produzione con metodo biologico.

Il MIPAAF sarà responsabile dell’indirizzo e del coordinamento a livello nazionale e del sistema dei controlli.

Regioni e province autonome saranno le autorità localmente competenti per lo svolgimento delle attività amministrative e di controllo.

Si prevede l’istituzione del Comitato consultivo per l’agricoltura biologica, con il compito primario di esprimere pareri circa i provvedimenti sulla produzione biologica.

Costituiranno i distretti biologici i sistemi produttivi locali, anche a carattere interprovinciale o interregionale, a spiccata vocazione agricola.

Intese e protocolli di filiera potranno sottoscriversi anche da organizzazioni rappresentative a livello nazionale o regionale nei settori della produzione, della trasformazione, del commercio e della distribuzione dei prodotti biologici. 

Per la definizione di Organizzazioni dei produttori biologici si rinvia al Decreto legislativo 102/20055.

L’utilizzo del termine biologico ai soli beni prodotti con metodo sarà conforme alle disposizioni del regolamento europeo e alla legge in esame.

 L’utilizzo del termine biologico e dei termini derivati o dei diminutivi in uso, impiegati singolarmente o combinati con altri, nell’etichettatura, nella presentazione e nella pubblicità di prodotti è consentito esclusivamente per i prodotti biologici che rispettano le norme europee e nazionali in vigore.

Il logo nazionale (“Bio Italia”) è, riservato ai prodotti biologici per i quali tutte le fasi del processo di produzione sono interamente realizzate sul territorio nazionale.

Si dettano quindi disposizioni in materia di varietà da conservazione e di produzioni specifiche6: l’impiego di sementi di conservazione in agricoltura biologica, l’autorizzazione all’uso di sostanze per la difesa naturale e con funzione protettiva e corroborante, il vino biologico (rinviandosi alla disciplina europea), le produzioni animali, l’acquacoltura biologica (prevedendosi un disciplinare di produzione, etichettatura e controllo). 

Il Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica (SINAB)7, avrà il compito di raccogliere, controllare e diffondere le informazioni rilevanti per il settore dell’agricoltura biologica, ivi comprese quelle concernenti le iniziative adottate dai soggetti pubblici e quelle che si riferiscono ai risultati della ricerca e della sperimentazione.

Saranno istituiti un Fondo per la ricerca nel settore dell’agricoltura biologica, destinato al finanziamento di programmi di ricerca, e un Fondo per lo sviluppo dell’agricoltura biologica, per il finanziamento del piano di azione nazionale per l’agricoltura biologica e i prodotti biologici, e di altri interventi volti a promuovere lo sviluppo dell’agricoltura biologica e i prodotti recanti il logo nazionale a livello internazionale. 

Sono quindi disciplinati gli organismi di controllo e certificazione. Il MIPAAF sarà l’autorità competente responsabile del sistema di controllo previsto dalla normativa comunitaria. 

Specifiche norme attengono alle importazioni di prodotti biologici provenienti da Paesi terzi.

Da ultimo: sanzioni per le violazioni degli obblighi posti rispettivamente a carico degli organismi di controllo e certificazione e degli operatori; la copertura finanziaria, le abrogazioni, le disposizioni transitorie e di coordinamento con la normativa comunitaria e la norma di salvaguardia delle attribuzioni delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

Tutela dei prodotti agroalimentari. In argomento sono tre le proposte di legge discusse congiuntamente. Si tratta precisamente delle proposte:

Oliverio (PD) e altri: “Istituzione del Comitato nazionale per la tutela dei prodotti agricoli e agroalimentari di qualità certificata e di un archivio informatico per la tutela dei medesimi prodotti e per la lotta contro le frodi e le contraffazioni” (C. 367). Scopo del provvedimento è di coordinare, potenziare e armonizzare le azioni a tutela delle produzioni agricole e agroalimentari italiane di qualità certificata e, in particolare, delle produzioni con indicazione geografica registrata, anche al fine di offrire al consumatore le più elevate garanzie in merito all’autenticità delle indicazioni di origine e di provenienza dei prodotti stessi;

Caon (PdL) e altri: “Istituzione dell’Ufficio nazionale per il coordinamento delle attività di tutela dei prodotti agricoli e agroalimentari e altre disposizioni per il contrasto e la prevenzione delle frodi nel commercio dei prodotti agricoli e alimentari a denominazione protetta o aventi caratteristiche tipiche” (C.1650). La 1650 è finalizzata a creare una sede di concertazione preposta a coordinare e ad armonizzare le attività amministrative proprie di ciascun organismo di controllo, in maniera da eliminare duplicazioni e ridondanze delle attività e rendere più efficaci i compiti esecutivi relativi al contrasto delle frodi;

Faenzi (LNA) e altri: “Riordino delle competenze del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agro-alimentari e disposizioni per la razionalizzazione e il potenziamento dei controlli nel settore agroalimentare” (C.1650). Questa proposta reca disposizioni per rafforzare le azioni a tutela delle produzioni agroalimentari italiane, per tutelare la qualità merceologica dei prodotti lungo la filiera alimentare e per offrire al consumatore le più elevate garanzie relativamente all’autenticità delle indicazioni di origine e di provenienza dei prodotti agroalimentari, con metodi diretti alla verifica dell’esistenza e dell’idoneità dei sistemi di tracciabilità dei prodotti e delle materie impiegati, e per riordinare, ai medesimi fini, le competenze del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e della repressione frodi dei prodotti agroalimentari.

La prima seduta della Commissione dedicata al tema di che trattasi risale al 20 maggio 2013. La terza (e ultima) si è tenuta il 5 febbraio 2014.

In quest’arco temporale è stata svolta un’attività conoscitiva con audizioni informali:

del Capo del Corpo forestale dello Stato;

del Capo del Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressioni frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali;

del Comandante dei Carabinieri politiche agricole e alimentari;

dei rappresentanti dell’Associazione italiana consorzi indicazioni geografiche (AICIG;

dei rappresentanti della Guardia di finanza;

del Direttore dell’Agenzia delle dogane dei monopoli;

del Comandante dei Carabinieri per la tutela della salute. 

Tartufi. Sono l’oggetto di due proposte di legge:

C.898 – Faenzi (PdL): “Modifiche alla legge 16 dicembre 1985, n. 7528, e alla disciplina tributaria in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo”;

C.1049 – Fiorio (PD) e altri: “Disposizioni in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi”. La C.898 detta norme intese a modificare la legislazione concernente la raccolta, la coltivazione e il commercio dei tartufi al fine di considerare i cambiamenti intervenuti nel settore, garantendo una tracciabilità dell’origine del prodotto attraverso una diversa normativa fiscale. La disciplina della materia, che risale alla legge n. 752 del 1985, che ha definito il quadro normativo di riferimento per la legislazione regionale, necessita di inevitabili adeguamenti sia perché il mercato del tartufo si sta ampliando notevolmente sia perché tale disciplina risale, comunque, a più di tre decenni addietro.

L’esame della C.898 è iniziato il 4 giugno 2013 ed è proseguito il 12 giugno successivo per deliberare la nomina di un comitato ristretto. Il 17 luglio dello stesso anno è stato deliberato l’abbinamento della C.1049.

La C.1049 si prefigge lo scopo di adeguare le norme contenute nella legge 16 dicembre 1985, n. 752, alla nuova ripartizione delle competenze tra lo Stato e le regioni in materia agricola, di tutela e salute dell’alimentazione nonché di tutela dell’ecosistema, operata con la riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione. Il provvedimento si propone anche di adeguare il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 6339, a una nuova normativa fiscale in grado di far emergere il sommerso del settore e di consentire, e nello stesso tempo, la piena tracciabilità del prodotto. 

Il Comitato ristretto si è riunito a più riprese. L’ultima volta il 19 ottobre del 2016.

Non è mancata l’attività conoscitiva. La commissione ha proceduto all’audizione:

dei rappresentanti delle seguenti organizzazioni: Associazione commercianti albesi, Associazione nazionale Città del tartufo, Associazione nazionale dei commercianti di tartufi (Assotartufi), Associazione nazionale tartufOK, Associazione Strada del tartufo mantovano, Centro nazionale studi tartufo, Centro sperimentale di tartuficoltura di Sant’Angelo in Vado, Consiglio dell’ordine nazionale dei dottori agronomi e dei dottori forestali, Federazione italiana tartuficoltori associati (FITA), Federazione nazionale delle associazioni dei tartufai italiani (FNATI), TuberAss e Unione regionale delle associazioni dei tartufai toscani (URATT);

dei rappresentanti di Agrinsieme (Confagricoltura, CIA, Alleanza delle cooperative) Coldiretti, Copagri, UeCoop e UNCI;

dei competenti assessori delle regioni Piemonte, Toscana, Umbria e Molise;

dei rappresentanti dell’Unione tartufai umbri.

Castagneti. Nel 2016 è crollato il raccolto di castagne per la gravissima crisi che si è verificata in Campania, la prima regione produttrice, dove in alcune località si è avuto un taglio fino al novanta per cento. Cali ci sono stati in tutto il Meridione mentre una leggera ripresa dei raccolti si è verificata al Nord, attenuata tuttavia da alcune zone critiche a causa della siccità. Oltre che per avverse condizioni climatiche il danno maggiore alle piante è stato arrecato da insetto fitofago, il Cinipide galligeno del castagno, di provenienza cinese.

Sarebbe quindi opportuno che la Commissione Agricoltura riprendesse l’esame delle due proposte di legge a difesa e rilancio della produzione di castagne:

C.475, d’iniziativa di Oliveiro (PD): “Norme per favorire interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei castagneti”.  La finalità della proposta di legge è di sostenere e di valorizzare una delle coltivazioni più antiche del territorio collinare e montano, in considerazione anche del ruolo che la castanicoltura ha svolto in passato, e continua a svolgere, sia dal punto di vista produttivo sia della difesa del territorio e del paesaggio. La coltivazione del castagno, infatti, oltre a rappresentare una fondamentale fonte di reddito per gli agricoltori e per gli operatori della filiera, è anche un fattore strutturale a forte valenza ambientale, giacché concorre a preservare l’integrità del territorio e l’equilibrio naturale del delicato ecosistema delle aree interne;

C.1234, d’iniziativa di Massimiliano Bernini (M5S) e altri: “Norme per la salvaguardia e il ripristino dei castagneti”. In base alla proposta lo Stato, per la tutela ambientale, la difesa del territorio e del suolo e la conservazione dei paesaggi tradizionali, promuove e favorisce interventi di ripristino, recupero, manutenzione e salvaguardia dei castagneti dei territori collinari e montani di particolare pregio paesaggistico, storico e ambientale e a rischio di dissesto idrogeologico, nonché interventi di recupero del patrimonio edilizio rurale a servizio dei castagneti.

Nel dibattito avviato nella prima seduta sono emersi alcuni spunti critici o innovativi.

La 475 non sembra contemplare forme di assistenza per coloro che si attivano per il contrasto all’agente patogeno, prevedendo essenzialmente azioni per fronteggiare danni già verificatisi, quando sarebbe invece necessario finanziarie azioni di prevenzione.

È stato affermato che l’unico mezzo di lotta dimostratosi efficace è la lotta biologica. Sarebbe altresì producente prevedere forme d’indennizzo per chi ferma la produzione per gli anni necessari a debellare l’infestazione e che pertanto vedono venir meno una fonte di reddito. 

È stato anche sottolineato che i castagneti sono una coltivazione importante nelle aree montane e peri montane e significativa per l’integrazione del reddito delle popolazioni locali.

È stata inoltre richiamata l’attenzione sul fatto che il cinipide provoca danni tali da indurre gli agricoltori ad abbandonare anche l’attività di manutenzione dei castagneti. Di qui la necessità di prevedere misure di accompagnamento per assicurare la prosecuzione di tale attività ed evitare che i boschi s’inselvatichiscano. 

Quanto alla lotta biologica è impensabile che possa essere condotta da soggetti privati, quando solo gli enti pubblici possono eseguire interventi che interessano aree vaste, devono prolungarsi per anni e devono essere accompagnate dal divieto di uso dei mezzi chimici. 

Non è mancata l’attività conoscitiva con audizioni informali: del coordinatore del tavolo di filiera della frutta in guscio presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e dei competenti assessori delle regioni Toscana, Umbria, Lazio, Calabria, Campania e Basilicata. 

L’esame della prima delle due proposte è iniziato il 12 giugno 2013. A breve è stato nominato un comitato ristretto. Il 12 settembre dello stesso anno si è deliberato l’abbinamento dell’altra proposta di legge (C.1234).

Il comitato si è riunito quattro volte, l’ultima delle quali l’otto gennaio 2015. Da tale data nulla è trapelato dal porto delle nebbie del comitato.

Interventi per il settore ittico. Se ne era già parlato diffusamente nella precedente legislatura senza addivenire ad alcuna conclusione. In questa corrente il tema è stato ripreso attraverso la proposizione di quattro progetti di legge. E precisamente:

C.338. Catanoso Genoese (PdL): “Disposizioni concernenti la disciplina della pesca dei pesci pelagici nonché in materia di titoli professionali marittimi”;

C.339. Catanoso Genoese (PdL): “Modifica delle disposizioni concernenti i limiti di distanza dalla costa per l’esercizio della pesca marittima ravvicinata”;

C.521. Oliveiro (PD): “Interventi per il settore ittico”;

C.1124. Caon (LNA): “Disposizioni per il sostegno del settore della pesca e dell’acquacoltura”.

L’iter in Commissione è stato lungo e tormentato ed è ben lungi dall’arrivare all’elaborazione di un testo da trasmettere all’Assemblea.

L’esame è cominciato il 29 maggio 2013 con l’esame della C.521. Il 4 giugno successivo sono stati abbinati i concorrenti progetti di legge C.338 e C339. Il 2 luglio dello stesso anno si è proceduto all’abbinamento della quarta delle proposte di legge elencate. Si è quindi pervenuti al 5 febbraio 2014 per deliberare la costituzione di un comitato ristretto per la definizione di un testo unificato, che ha lavorato dal 27 febbraio successivo fino al 12 marzo 2015. Il 25 marzo la Commissione ha adottato come testo base lo schema normativo elaborato dal Comitato. Il 10 settembre 2015 la Commissione ha proseguito l’esame del provvedimento. Considerata la sopraggiunta (e conclusa) fase d’interlocuzione con il Governo per definire alcune questioni di carattere tecnico che avevano bisogno di un approfondimento e risolta, dunque, tale prima fase si è deliberato di proseguire i lavori ancora in sede di Comitato ristretto per giungere alla definizione di un testo condiviso e aprire la successiva fase degli emendamenti.

Ulteriore fase: il 6 ottobre 2015 è stato adottato il nuovo (il secondo) testo predisposto dal Comitato ristretto. Conclusa la fase d’interlocuzione con il Governo la Commissione per procedere all’ulteriore corso dei suoi lavori, essendo state definite alcune questioni di carattere tecnico, è emersa la necessità di un approfondimento. Ritiene pertanto più utile che in questa prima fase i lavori proseguano in sede di Comitato ristretto per giungere, ove possibile, alla definizione di un testo condiviso e aprire la successiva fase degli emendamenti. Non essendosi potuto giungere ad alcuna conclusione la Commissione rimetteva il provvedimento all’Assemblea. Il 18 maggio 2016 il presidente della Camera avvertiva che il presidente della Commissione agricoltura aveva rappresentato l’esigenza di differire ad altra data l’avvio dell’esame in Assemblea delle proposte di legge n. 521 e abbinate, recanti interventi per il settore ittico, già previsto a partire da lunedì 23 maggio.

Vale in ogni caso avere cognizione di quanto la seconda volta aveva proposto il Comitato ristretto

Articolo 1. Finalità e oggetto.

Articolo 2. Razionalizzazione e coordinamento delle iniziative finanziate in attuazione delle politiche comunitarie e nazionali al settore della pesca e dell’acquacoltura.

Articolo 3. Fondo per lo sviluppo della filiera ittica.

Articolo 4. Interventi a favore degli imprenditori ittici.

Articolo 5. Programmazione negoziata.

Articolo 6. Distretti di pesca.

Articolo 7. Centri di assistenza per lo sviluppo della pesca e dell’acquacoltura.

Articolo 8. Promozione della cooperazione e dell’associazionismo.

Articolo 9. Riparto delle risorse destinate all’esercizio delle funzioni conferite alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano in materia di agricoltura e pesca.

Articolo 10. Disposizioni in materia di conversione di titoli professionali marittimi.

Articolo 11. Agevolazioni in favore del lavoro autonomo.

Articolo 12. Cassa integrazione.

Articolo 13. Disposizioni in materia di previdenza in favore dei pescatori della piccola pesca marittima e delle acque interne.

Articolo 14. Misure di razionalizzazione fiscale e tributaria.

Articolo 15. Esenzione dalla formazione del reddito delle indennità e dei premi per arresto definitivo delle attività di pesca e di acquacoltura.

Articolo 16. Esenzione dall’imposta di bollo.

Articolo 17. Attività di pesca-turismo e itti turismo.

Articolo 18. Misure di semplificazione e di collaudo.

Articolo 19.Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti – SISTRI.

Articolo 20. Vendita diretta.

Articolo 21. Rappresentanza delle associazioni della pesca nelle commissioni di riserva delle aree marine protette.

Articolo 22. Pesca non professionale.

Articolo 23. Attrezzi consentiti per la pesca ricreativa e sportiva.

Articolo 24. Rinnovo concessioni demaniali a uso acquacoltura.

Articolo 25. Rinnovo autorizzazione allo scarico degli impianti di acquacoltura.

Articolo 26. Energia elettrica da acquacoltura e imprese energivore.

Articolo 27. Disposizioni in materia di canoni concessori per le attività di pesca e acquacoltura.

Articolo 28. Ripristino operatività Commissione consultiva centrale della pesca marittima e dell’acquacoltura.

Articolo 29. Modificazioni al decreto legislativo 9 gennaio 2012, n. 4, recante misure per il riassetto della normativa in materia di pesca e acquacoltura.

Legge quadro sull’agricoltura contadina. La materia è oggetto di quattro proposte di legge:

C.2025. Zaccagnini (Misto) e altri: “Legge quadro sull’agricoltura contadina”;

C.2143. Parentela (M5S) e altri: “Interventi per il sostegno e la promozione delle agricolture contadine”;

C.2935. Cenni (PD) e altri: “Norme sulla tutela della terra, il recupero e la valorizzazione dei terreni agricoli abbandonati e il sostegno delle attività agricole contadine”.

C.3361: Schullian (Misto-Minoranze linguistiche) e altri. “Disposizioni per l’individuazione dei terreni agricoli abbandonati e interventi in favore dell’agricoltura e delle aree montane”.

Com’è stato posto in rilievo in sede d’illustrazione dei quattro progetti di legge, s’introducono una nuova figura giuridica nel contesto normativo agrario, riferita all’agricoltura contadina, definendone l’ambito di operatività, le agevolazioni, la normativa giuslavorista e tributaria, le norme applicabili in materia di produzione di beni agricoli, di ospitalità e di vendita. Tale complesso di norme s’inserisce in un contesto normativo che disciplina le figure dell’imprenditore agricolo e le relative forme societarie, la disciplina fiscale e in materia di lavoro, la produzione e la commercializzazione dei prodotti agricoli e, più in generale, l’insieme delle norme che specificamente disciplinano l’attività del settore agricolo. 

Come ha evidenziato il dossier elaborato dal Centro studi della Camera, dette proposte si propongono, quindi, di disegnare una nuova figura giuridica nell’ambito del diritto agrario, disciplinandone i requisiti, l’attività, il regime fiscale e giuslavorista. Più in particolare, le proposte disciplinano: le finalità dell’intervento e richiamano come obiettivi il riconoscimento del ruolo del contadino come custode della terra, la valorizzazione dei differenti modelli agricoli, la riforma del governo del sistema fondiario, la trasmissione intergenerazionale delle terre, il contrasto dello spopolamento delle zone marginali, il sostegno all’uso collettivo della terra finalizzato alla difesa del suolo.

Sono quindi stabiliti i requisiti dell’agricoltura contadina, basati prevalentemente su: la conduzione di tipo familiare; l’utilizzo di pratiche di coltivazione che favoriscono la diversificazione e gli avvicendamenti culturali; la preservazione della biodiversità animale; una produzione destinata prevalentemente all’autoconsumo o alla vendita in mercati locali o di filiera corta; l’utilizzo di materie prime di provenienza aziendale.

L’esame è cominciato il 20 0ttobre 2015 e proseguito il 21 gennaio successivo. In quest’occasione la Commissione ha deliberato di procedere a una serie di audizioni. Il 20 settembre la Commissione ha deliberato la costituzione di un comitato ristretto per la definizione di un testo unificato.

Non è mancata l’attività conoscitiva, con una prima serie di audizioni informali dei rappresentanti delle organizzazioni agricole Agrinsieme (Confagricoltura, CIA, Copagri, Alleanza delle cooperative italiane-agroalimentare), Coldiretti, UeCoop e Unci e una seconda di rappresentanti del coordinamento di associazioni «Campagna per l’agricoltura contadina», dell’Associazione italiana per l’agricoltura biologica (AIAB) e di Slow Food Italia.

Pane. Romanini (PD) e altri: “Disposizioni in materia di produzione e vendita del pane” (C.3265). È la proposta di legge della quale la Commissione ha avviato l’esame nella seduta del 17 dicembre 2015. La discussione è proseguita il 13 gennaio 2015.

La proposta di legge si compone di dodici articoli.

Articolo 1: Finalità. La legge reca disposizioni in materia di produzione e vendita del pane per garantire il diritto all’informazione dei consumatori e di valorizzare il pane fresco. Stando alla relazione prefata alla C.3265 la legislazione in vigore non garantirebbe il consumatore nel riconoscimento del pane fresco artigianale rispetto al pane conservato. Nella relazione si fa riferimento a quanto previsto dall’articolo 4, comma 2-ter del D.L. 223/2006, convertito con la legge 248/2006, recante “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale”, il quale rimette a un regolamento del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza Stato-regioni, la disciplina, in conformità al diritto comunitario, delle denominazioni di “panificio”, “pane fresco” e “pane conservato”. In adempimento di tale previsione, soltanto di recente il Governo ha adottato lo schema di decreto contenente il regolamento di definizione delle denominazioni di “panificio”, “pane fresco” e “pane a durabilità prolungata” con l’intesa sancita dalla Conferenza Stato-regioni lo scorso 24 settembre 201510. Misure che ovviamente incideranno sul testo originario della C.3265.

Articolo 2: Definizioni. Il pane è il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata (descritta al successivo articolo 4), preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di cloruro di sodio o sale comune. Sono quindi indicate le possibili denominazioni aggiuntive: pane fresco e pane di pasta madre11. S’individuano quindi i casi in cui è vietata la denominazione di pane fresco. È comunque vietato, per non incorrere in specifiche sanzioni, l’utilizzo di denominazioni, quali pane di giornata e pane appena sfornato e di qualsiasi altra denominazione che possa indurre in inganno il consumatore. Seguono disposizioni sul pane ottenuto da una cottura parziale, sul prodotto surgelato. Infine i prodotti ottenuti dalla cottura d’impasti preparati con farine alimentari, anche se miscelati con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l’aggiunta alla denominazione di pane della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata.

Articolo 3: Prodotto intermedio di panificazione. È l’impasto da pane crudo, preformato o no lievitato o no, destinato alla conservazione prolungata e alla successiva cottura per l’ottenimento del prodotto finale pane. La definizione riguarda anche l’impasto sottoposto a congelamento, surgelazione o ad altri metodi di conservazione che mantengono inalterate le caratteristiche del prodotto intermedio per prolungati periodi, determinando un’effettiva interruzione del ciclo produttivo. Il pane così ottenuto deve essere commercializzato in scaffali distinti e separati dal pane fresco.

Articolo 4: Lieviti utilizzabili nella panificazione. . Per lievito s’intende un organismo unicellulare, tassonomicamente appartenente, ma non limitante, alla specie Saccharomyces cerevisiae, avente la capacità di convertire gli zuccheri derivanti dalla degradazione dell’amido in alcool e in anidride carbonica, assicurando la formazione della pasta convenientemente lievitata. La produzione di lievito deve essere di origine naturale, in altre parole ottenuto mediante processo di trasformazione di un microrganismo presente in natura nel quale non intervengono interferenze operative significative e di modifica sostanziale.

Articolo 5: Paste acide. Possono essere utilizzate purché prodotte esclusivamente con gli ingredienti previsti dall’articolo 2 sulle diverse denominazioni di pane. In tal caso, le paste acide essiccate possono essere usate solo per la preparazione del pane surgelato, mentre si ammette anche l’utilizzazione delle paste acide liquide e delle paste acide in pasta, purché rispondenti alle prescrizioni previste. La loro funzione primaria è l’apporto di acidità e di componenti aromatici caratteristici della lievitazione condotta con pasta madre.

Articolo 6: Definizione di panificio. È denominato panificio l’impianto di produzione del pane, degli impasti da pane e dei prodotti da forno assimilati, dolci e salati, che svolge l’intero ciclo di produzione a partire dalla lavorazione delle materie prime sino alla cottura finale. L’avvio di un nuovo panificio e il trasferimento o la trasformazione di panifici esistenti sono subordinati alla segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), da presentare al comune competente per territorio ai sensi dell’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 24112, corredata di: autorizzazione della competente azienda sanitaria locale in merito ai requisiti igienico-sanitari; autorizzazione alle emissioni in atmosfera; c) titolo abilitativo edilizio e permesso di agibilità dei locali; indicazione del nominativo del responsabile dell’attività produttiva.

Articolo 7: Forno di qualità. Denominazione riservata esclusivamente al panificio che produce e commercializza pane fresco, in possesso di certificazione di qualità secondo le norme UNI EN ISO 9001:200813 o di altra certificazione di processo o di prodotto rilasciata da un ente terzo certificatore accreditato, e può essere utilizzata anche nella denominazione della ditta, dell’insegna o del marchio.

Articolo 8: Responsabile dell’attività produttiva. Il responsabile dell’attività produttiva ovvero un suo collaboratore familiare, socio o lavoratore dipendente dell’impresa di panificazione, è designato dal legale rappresentante dell’impresa stessa all’atto della presentazione della SCIA, cui viene affidato il compito di assicurare l’utilizzo di materie prime in conformità alle norme vigenti, l’osservanza delle norme igienico-sanitarie e di sicurezza dei luoghi di lavoro e la qualità del prodotto finito

Articolo 9: Mutuo riconoscimento. Si prevede: la possibilità di commercializzare nel territorio dello Stato italiano i prodotti da forno realizzati e commercializzati negli altri Paesi membri dell’Unione europea o in uno Stato parte contraente dell’Accordo sullo Spazio economico europeo; il divieto dell’uso delle denominazioni di pane fresco e di pane conservato, anche se accompagnate da integrazioni o specificazioni, per designare prodotti che si differenziano in modo sostanziale, per modalità di composizione o per procedura di produzione, da quelli di cui agli articoli 2 (varie denominazioni di pane), 3 (prodotto intermedio di panificazione), 4 (lieviti utilizzabili nella panificazione) e 5 (paste acide).

Articolo 10: Pane tradizionale di alta qualità. sono definiti i vari tipi di pane fresco tradizionale di alta qualità come: i pani tradizionali tipici locali identificati dalle regioni ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo n. 173 del 199814 e del regolamento di cui al decreto ministeriale 350 del 199915, riportati negli elenchi regionali e inseriti nell’elenco nazionale istituito dal citato regolamento e i pani riconosciuti ai sensi della normativa dell’Unione europea in materia di denominazione di origine protetta, d’indicazione geografica protetta e di specialità tradizionale garantita.

Articolo 11: Vigilanza. Si attribuisce la vigilanza sull’attuazione della legge alle ASL e ai comuni competenti per territorio, cui spettano i proventi derivanti dall’applicazione di eventuali sanzioni amministrative, per la violazione delle disposizioni della medesima legge. La norma rinvia la definizione di tali sanzioni alla competenza delle regioni e dalle province autonome. 

Articolo 12: Abrogazioni. Sono abrogate più disposizioni:

gli articoli 14 e 21 della legge 4 luglio 1967, n. 58016;

l’articolo 8 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1998, n. 50217;      

l’articolo 4 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 22318, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248.  

Nel mese di gennaio 2017 è stata avviata (e protrattasi nel mese successivo) un’attività conoscitiva, con un ciclo di audizioni di rappresentanti:

della Federazione italiana panificatori pasticceri e affini (FIPPA), dell’Associazione nazionale dei panificatori e pasticceri (ASSOPANIFICATORI) e dell’Associazione nazionale panificatori (ASSIPAN);

dell’Associazione italiana industrie prodotti alimentari (AIIPA), della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA) alimentare e di Confartigianato alimentazione

dell’Associazione italiana industrie prodotti alimentari (AIIPA), della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA) alimentare e di Confartigianato alimentazione;

dell’Associazione italiana celiachia (AIC), dell’Associazione italiana bakery ingredients (AIBI) e dell’Associazione italiana dell’industria olearia (ASSITOL).

Bruno Nobile

1 Regolamento per la revisione della normativa sulla produzione e commercializzazione di sfarinati e paste alimentari, a norma dell’articolo 50 della legge 22 febbraio 1994, n. 146

2 Decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228: Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell’articolo 7 della legge 5 marzo 2001, n. 57. Articolo 4: Esercizio dell’attività di vendita. 

3 Nell’ultima riforma sono stati assegnati alla PAC nuovi obiettivi: economici (garantire mediante una produzione agricola sostenibile la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare, migliorare la competitività e la ripartizione del valore nella filiera alimentare), ambientali (utilizzare in modo sostenibile le risorse naturali e lottare contro i cambiamenti climatici) e territoriali (assicurare il dinamismo economico e sociale delle zone rurali).

4 Regolamento (CE) n.. 834/2007 del Consiglio del 28 giugno 2007 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91

5 Regolazioni dei mercati agroalimentari, a norma dell’articolo 1, comma 2, lettera e), della legge 7 marzo 2003, n. 38.

6 La materia, per vero, è stata di recente disciplinata dalla legge 1° dicembre 2015, n. 194, recante disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare

7 La materia, per vero, è stata di recente disciplinata dalla legge 1° dicembre 2015, n. 194, recante disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare

8 Normativa quadro in materia di raccolta, coltivazione e commercio dei tartufi freschi o conservati destinati al consumo.

9 Istituzione e disciplina dell’imposta sul valore aggiunto

10 La Conferenza Stato Regioni del 24 settembre 2015 ha sancito l’intesa sullo schema di decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali e il Ministro della salute, recante il regolamento di definizione delle denominazioni di panificio, pane fresco e pane a durabilità prolungata. Intesa, ai sensi dell’articolo 4, comma 2-ter, del decreto legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito dalla legge 4 agosto 2006, n. 248. Questa la disposizione del comma 2-ter: “Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali e con il Ministro della salute, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti fra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, emana un decreto ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, volto a disciplinare, in conformità al diritto comunitario: a) la denominazione di <panificio> da riservare alle imprese che svolgono l’intero ciclo di produzione del pane, dalla lavorazione delle materie prime alla cottura finale; b) la denominazione di <pane fresco> da riservare al pane prodotto secondo un processo di produzione continuo, privo di interruzioni finalizzate al congelamento, alla surgelazione o alla conservazione prolungata delle materie prime, dei prodotti intermedi della panificazione e degli impasti, fatto salvo l’impiego di tecniche di lavorazione finalizzate al solo rallentamento del processo di lievitazione, da porre in vendita entro un termine che tenga conto delle tipologie panarie esistenti a livello territoriale; c) l’adozione della dicitura <pane conservato> con l’indicazione dello stato o del metodo di conservazione utilizzato, delle specifiche modalità di confezionamento e di vendita, nonché’ delle eventuali modalità di conservazione e di consumo”.

11 È definito pasta madre l’impasto ottenuto esclusivamente con farina e con acqua, sottoposto a una fermentazione naturale acidificante per una durata complessiva non inferiore a 24 ore utilizzando la tecnica dei successivi rinfreschi al fine di consentire la lievitazione dell’impasto.

12Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi”. L’articolo disciplina Segnalazione certificata di inizio attività – Scia”.

13 ISO 9001 è lo standard internazionale per i Sistemi di Gestione della Qualità. ISO è l’acrostico di International Organization for Standardization.

14 Disposizioni in materia di contenimento dei costi di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese agricole, a norma dell’articolo 55, commi 14 e 15, della legge 27 dicembre 1997, n. 449. Articolo 8: Valorizzazione del patrimonio gastronomico.

15 D.M. 8 settembre 1999, n. 350. Regolamento recante norme per l’individuazione dei prodotti tradizionali di cui all’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 173.

16 Disciplina per la lavorazione e commercio dei cereali, degli sfarinati, del pane e delle paste alimentari – Articolo 14: “1. E’ denominato “pane” il prodotto ottenuto dalla cottura totale o parziale di una pasta convenientemente lievitata, preparata con sfarinati di grano, acqua e lievito, con o senza aggiunta di sale comune (cloruro di sodio). 2. Il prodotto di cui al comma 1 ottenuto da una cottura parziale, se destinato al consumatore finale deve essere contenuto in imballaggi singolarmente preconfezionati recanti in etichetta le indicazioni previste dalle disposizioni vigenti e, in modo evidente, la denominazione “pane” completata dalla menzione “parzialmente cotto” o altra equivalente, nonché l’avvertenza che il prodotto deve essere consumato previa ulteriore cottura e l’indicazione delle relative modalità della stessa. 3. Nel caso di prodotto surgelato, oltre a quanto previsto dal comma 2, l’etichetta dovrà riportare le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari surgelati, nonché la menzione “surgelato”. 4. Il pane ottenuto mediante completamento di cottura di pane parzialmente cotto, surgelato o non, deve essere distribuito e messo in vendita, previo confezionamento ed etichettature riportanti le indicazioni previste dalla normativa vigente in materia di prodotti alimentari, in comparti separati dal pane fresco e con le necessarie indicazioni per informare il consumatore sulla natura del prodotto. 5. Per il prodotto non destinato al consumatore finale si applicano le norme stabilite dall’articolo 17 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 109”. Articolo 21: “I prodotti ottenuti dalla cottura di impasti preparati con farine alimentari, anche se miscelate con sfarinati di grano, devono essere posti in vendita con l’aggiunta alla denominazione <pane> della specificazione del vegetale da cui proviene la farina impiegata. Nella produzione dei tipi di pane di cui al precedente comma possono essere aggiunti gli ingredienti indicati nell’articolo 20”.

17 Regolamento recante norme per la revisione della normativa in materia di lavorazione e di commercio del pane, a norma dell’articolo 50 della legge 22 febbraio 1994, n. 146. Articolo: Lievito

18 Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonché interventi in materia di entrate e di contrasto all’evasione fiscale. Articolo 4: “Disposizioni urgenti per la liberalizzazione dell’attività di produzione di pane”



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