- 28/04/2016
- Postato da: Marta
- Categorie: Approfondimenti, Notizie
Negli stessi giorni in cui il Parlamento europeo adottava una risoluzione (1) contro i profili nutrizionali, finalizzati a impedire slogan salutistici sui c.d. cibi di indulgenza, vale a dire alimenti poco equilibrati dal punto di vista nutrizionale, la Presidenza di turno del Consiglio – affidata all’Olanda nel primo semestre 2016 – riproponeva una delle sue priorità, il miglioramento delle caratteristiche nutrizionali dei prodotti alimentari. Nel corso dell’ultima sessione plenaria della ‘European Platform for Action on Diet, Physical Activity and Health’ (2) ove sono tra l’altro intervenuti i rappresentanti di WHO (World Health Organization) e JRC (Joint Research Center), a Bruxelles il 6-7 aprile 2016. Breve sintesi e ulteriori spunti a seguire.
La Commissione europea, per voce di Joanna Wrona, ha presentato una relazione sulla pubblicità con strumenti audio-visivi di prodotti c.d. HFSS (High Fats, Sugars and Sodium) rivolti ai bambini (3), riferendo alla direttiva AVMS (4) laddove, all’articolo 9.2, è previsto che “Gli Stati membri e la Commissione incoraggiano i fornitori di servizi di media a elaborare codici di condotta concernenti le comunicazioni audiovisive commerciali non appropriate che accompagnano i programmi per bambini o vi sono incluse, relative a prodotti alimentari o bevande che contengono sostanze nutritive e sostanze con un effetto nutrizionale o fisiologico, in particolare quelle come i grassi, gli acidi grassi trans, gli zuccheri, il sodio o il sale, la cui assunzione eccessiva nella dieta generale non è raccomandata”. Nei 6 anni trascorsi dalla pubblicazione della direttiva, la citata previsione ha avuto un impatto relativamente limitato nei 28 Paesi membri, sia in termini di regolazione e co-regolazione, sia di auto-regolazione.
Lo studio presentato da ICF International (5) sulle varie iniziative e impegni di parte privata (associazioni di categoria, incluse le rappresentanze di industria e operatori pubblicitari, nonché ONG della classe medica e dei consumatori) ha a sua volta mostrato la carenza e raccomandato nuove iniziative da promuovere nell’intera UE, con peculiare attenzione ai bambini e allo “EU Action Plan on Childhood Obesity” (6).
La World Federation of Advertisers ha offerto un prezioso aggiornamento (7) sul c.d. ‘EU Pledge’, l’impegno dei 22 aderenti all’iniziativa – i quali esprimono l’80% degli investimenti pubblicitari nel settore alimentare – a rispettare un codice di condotta volto a regolare la pubblicità di alimenti rivolti ai bambini di età inferiore ai 12 anni. Nel 2015 sono stati definiti, su base volontaria, i criteri nutrizionali comuni (8) cui i prodotti devono rispondere per poter venire promossi a ‘audience’ con una quota superiore al 35% di bambini sotto i 12 anni (v. nota 17). Entro la fine del 2016 tali impegni verranno estesi a “TV, radio, print, cinema, online (incl. company- owned websites and social media), DVD/CD- ROM, direct marketing, product placement, interactive games, mobile and SMS marketing”. A ben vedere nel 2015 l’Ufficio Regionale per l’Europa della World Health Organization (WHO-Europe) ha a sua volta pubblicato il modello OMS di profili nutrizionali (9), affinché i governi vietino il ‘marketing to children’ dei prodotti non conformi per eccesso di zuccheri, grassi saturi e sale. Nel rispetto comunque dei cibi tradizionali e dei derivati del latte.
Altri spunti utili di riflessione provengono dalla International Diabetes Federation (10). Il diabete colpisce circa 60 milioni di individui, di cui ben 32 in UE, con un impatto di €146 miliardi annuali sulla sanità pubblica. Infauste e pur realistiche le previsioni di incremento, oltre i 70 milioni di pazienti (di cui 38 milioni nella sola Europa) entro il 2040. Qualcosa andrà pur fatto, non fosse altro per fare quadrare i bilanci nell’Eurozona, ma cosa? Il Parlamento di Strasburgo ha adottato una dichiarazione scritta (11), l’1.2.16, ove si accenna all’epidemia in corso – 266.000 decessi nel 2015 – e si chiede alla Commissione europea di adottare una strategia al riguardo.
L’Assemblea generale delle Nazioni Unite (12) ha proclamato, in data 1.4.16, il decennio della nutrizione, 2016-2025, delegando FAO (‘Food and Agriculture Organization’) e OMS (‘World Health Organization’, WHO) a coordinare le altre Agenzie ONU in vista della sua attuazione. Il ‘pollo statistico’, dai tempi di Trilussa (13) ai nostri giorni, si esprime in 800 milioni di individui affetti da malnutrizione cronica ‘versus’ 600 milioni di obesi, 2 miliardi di sofferenze per apporti deficitari di micronutrienti vs. 1,9 miliardi di indici di massa grassa a rischio patologico. Di questo passo, nel 2025 l’obesità inciderà su scala globale nel 18% dei maschi e in oltre il 21% delle femmine.
Nessuno si sottrae al disagio e anzi, con buona pace della dieta mediterranea che fu, si attesta la prevalenza dell’obesità di bambini e adolescenti in Europa meridionale (14). Non a caso forse, come mostra il rapporto OMS “Growing-up Unequal” (15), i ragazzi che crescono in famiglie meno abbienti tendono ad avere una vita più sedentaria e a nutrirsi peggio. Sembra un ossimoro ma è proprio così, l’austerity affama e ingrassa. Non a caso, il JRC (Joint Research Center) ha rilevato che la pubblicità di alimenti ‘non indispensabili’ – ‘non-core foods’, un eufemismo di ‘HFSS’ – è più diffusa nei Paesi del Sud Europa (16) e tende ad avvolgere con miraggi compensativi le intere famiglie. Del resto lo ‘EU Pledge’ – la promessa degli inserzionisti pubblicitari di non promuovere cibi scadenti dal punto di vista nutritivo – si applica alle sole trasmissioni con una ‘audience’ di minori di 12 anni superiore al 35%, e non anche a quelle rivolte al pubblico più ampio e prevalente che comprenda adolescenti e adulti (17).
Ed è esemplare lo studio sulla pubblicità televisiva degli alimenti in Spagna (18) laddove, dei 169 prodotti promossi in 420 ore di ‘broadcasting’, il 60,9% appartiene alla categoria dei ‘non indispensabili’ e ben il 79,9% vanta benefici nutrizionali o salutistici sebbene il 62,2% di essi rientri nella categoria dei ‘less healthy foods’ (applicando i profili nutrizionali definiti nel Regno Unito).
Il fronte europeo dei consumatori, rappresentato da BEUC, reagisce dunque con vigore (19). Chiede alle istituzioni UE di stabilire i profili nutrizionali – per metter fine ai vanti ‘salutistici’ su alimenti squilibrati per eccesso in calorie, zuccheri sale e grassi – nonché criteri omogenei e realistici sulle porzioni. E incoraggia l’adozione di informazioni nutrizionali di sintesi recanti codici cromatici, i fatidici ‘semafori’, quale ‘extrema ratio’. Ma soprattutto, bisogna facilitare scelte di consumo più coerenti alle esigenze nutrizionali della popolazione. Vale a dire rendere disponibili e vantaggiosi gli alimenti da consumare con maggior frequenza (es. frutta e bevande non zuccherate nelle scuole, cibi non HFSS nei distributori automatici), e sviluppare prodotti migliori.
Innovazione e riformulazione, ‘food product improvement’. È proprio questo il punto d’incontro tra le esigenze sanitarie e di ‘business’. La presidenza olandese di turno al Consiglio aveva saputo valorizzare questa opportunità, dedicandovi a febbraio una conferenza di alto livello (20) ove è stato raccolto il consenso degli stakeholder e dei governi a impegnarsi nella riformulazione degli alimenti, coinvolgendo anche le PMI. A esito della conferenza alcuni governi degli Stati membri, organizzazioni internazionali e rappresentanze della filiera, inclusa ‘FoodDrinkEurope’, hanno siglato una ‘roadmap’ che prevede il coordinamento europeo delle iniziative di riformulazione e riduzione del contenuto di determinati nutrienti nei prodotti alimentari. Eccetera eccetera eccetera…
Per concludere, a tutt’oggi i ‘Goals’, le ‘Platform for Action’, le ‘best practices’ e le ‘roadmap’ non hanno condotto ad alcun risultato concreto. Le misurazioni di ogni iniziativa, raramente disponibili, risultano comunque poco significative. Mentre le patologie connesse a diete squilibrate e stili di vita poco salutari sono in continuo e crescente aumento, con sostanziale aggravio dei costi di sanità pubblica. È perciò rimessa ai singoli operatori della trasformazione e distribuzione alimentare la scelta se affrontare il rischio di esposizione a misure regolatorie pressoché inevitabili, ‘rebus sic stantibus’, o se guidare il cambio di rotta. Modificare il ‘food environment’ per favorire la salute pubblica. Dal ‘greenwashing’ al CSV, ‘Contributing to Social Values’ (21), un mare di opportunità.
Dario Dongo
Note:
(2) http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/events/ev_20160407_en.htm
(3) http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/docs/ev_20160407_co01_en.pdf
(4) ‘Audio-Visual Media Service Directive’, dir. 2010/13/CE ‘relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi (direttiva sui servizi di media audiovisivi)’, cfr. http://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32010L0013&from=EN
(5) http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/docs/ev_20160407_co04_en.pdf
(7) http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/docs/ev_20160407_co05_en.pdf
(8) ‘Nutrition criteria’, stato dell’arte http://www.eu-pledge.eu/content/eu-pledge-nutrition-criteria e linee guida http://www.eu-pledge.eu/sites/eu-pledge.eu/files/releases/EU_Pledge_Nutrition_White_Paper_Nov_2012.pdf. Nota, le linee guida fanno pure riferimento ai c.d. ‘reference daily intake for children (1700 kcal)’, in anteprima rispetto a quanto la Commissione europea potrebbe stabilire in esecuzione del reg. UE 1169/11. Utile anche la consultazione, a pagina 49 delle ‘guidelines’, dei ‘key reference documents’ (frattanto, almeno in parte, aggiornati)
(9) http://www.greatitalianfoodtrade.it/news-food-times/profili-nutrizionali-l-oms-avanza-e-l-europa-retrocede. Il documento su http://www.euro.who.int/__data/assets/pdf_file/0005/270716/Nutrient-Profile-Model_Version-for-Web.pdf?ua=1
(10) http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/docs/ev_20160407_co07_en.pdf
(12) http://www.fao.org/news/story/en/item/408970/icode
(13) http://gandalf.it/htlws/trilussa.htm
(14) http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/docs/ev_201604062_co01_en.pdf
(16) http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/docs/ev_201604062_co03_en.pdf
(17) Lo “EU Pledge” di fatto si applica solo ai programmi destinati a bambini. Poiché i minori di 14 anni rappresentano il 15,6% della popolazione dei 28 Stati membri UE (http://ec.europa.eu/eurostat/statistics-explained/index.php/Being_young_in_Europe_today_-_demographic_trends), è matematicamente impossibile che i programmi destinati a un pubblico misto possano raggiungere la fatidica soglia del 35% della ‘audience’ di età inferiore ai 12 anni
(18) http://dx.doi.org/10.1016/j.gaceta.2016.01.004
(19) http://ec.europa.eu/health/nutrition_physical_activity/docs/ev_20160407_co08_en.pdf
(20) http://english.eu2016.nl/latest/events/2016/02/22/thematic-conference-on-product-improvement