Export in Turchia, denominazione dell’alimento

L’export in Turchia, come in altri Paesi, talora ci espone a richieste degli importatori locali che vanno al di là delle loro stesse normative, oltre al buon senso. Il caso della denominazione dell’alimento ‘pasta’.

La denominazione dell’alimento, come si è più volte condiviso, si determina seguendo una semplice gerarchia:

– denominazione legale, quando il nome del prodotto sia previsto da normative generali (1) o di settore, (2)

– denominazione usuale. Se l’alimento è privo di un ‘nome legale’, bisogna verificare l’applicabilità di un nome consuetudinario (es. biscotti frollini),

– denominazione descrittiva. In assenza di riferimenti legali o usuali applicabili, il prodotto deve venire designato con un’apposita descrizione (es. prodotto dolciario da forno).

La pasta è oggetto di apposita legislazione in Italia (3) – ove perciò è sottoposta alla denominazione legale, e alle condizioni stabilite – ma non altrettanto nella quasi totalità dei Paesi di destino. Tra i quali, la Turchia.

La legislazione turca orizzontale, sull’etichettatura degli alimenti, è oggetto di una recente riforma che risale al 26 gennaio 2017 ed è sostanzialmente allineata alla disciplina europea di settore (reg. UE 1169/11).

La ‘denominazione dell’alimento’ (Gıdanın adı) in Turchia è così regolata – agli articoli 9 e 20 della normativa vigente  – con modalità simili a quelle previste reg. UE 1169/11. (4) Con la precisazione della possibilità di ricorrere alla denominazione utilizzata nel Paese di origine delle merci, a condizione che essa possa venire facilmente compresa dai consumatori locali. Ricorrendo altrimenti l’obbligo di aggiungere una denominazione descrittiva.

Di conseguenza, la denominazione ‘pasta di semola di grano duro’ (makarnalık buğday irmik makarna) vale in Turchia, come già in Italia, a designare il relativo prodotto. Senza bisogno di specificare il formato della pasta di ciascuna referenza, né di specificare quando si tratti di ‘pasta normale lunga’ (‘Sade Uzun  Makarna’) anziché di ‘pasta normale corta (‘Sade Kisa  Makarna’). Poiché il riferimento a tali sotto-categorie, se pure in uso sul mercato locale, non risultano indispensabili a comprendere la natura del prodotto. Nella misura in cui il formato della pasta e le sue modalità di rappresentazione, anche visiva, (5) risultino a tal uopo idonee.

Del resto, i nomi di formati caratteristici della pasta italiana – come ‘spaghetti’ o ‘fusilli’ – sono di per sé tanto significativi (in quanto noti, o comunque evidenti) quanti intraducibili. E la loro precisazione nella lingua del Paese di destino non aggiunge alcun valore, in termini di identificabilità del prodotto.

Dario Dongo

Note

(1) Es. reg. UE 1169/11, Allegati III e VI
(2) Es. legge 580/1967, in relazione al pane
(3) Cfr. legge 580/1967, DPR 187/2001 e poi 41/2013
(4) V. reg. UE 1169/11, art. 17
(5) Anche, ad esempio, mediante aree  trasparenti della confezione o illustrazioni sull’imballaggio



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