EUROPA – Obbligo di indicare il Paese d’origine sui prodotti ‘Italian sounding’

'Forse non tutti sanno che' – o non hanno notato che – il regolamento 'Food Information to Consumers' (1) ha introdotto una prima e importante novità, in tema di indicazione dell'origine dei prodotti alimentari, con conseguenze di rilievo sull'obbligo di indicare il Paese ove ha avuto luogo l'ultima trasformazione sostanziale, quando esso non coincida con quello da cui l'alimento appare provenire, anche in ragione del marchio utilizzato. Approfondiamo l'argomento.

Il regolamento UE 1169/2011 – nel confermare la generale facoltatività dell'indicazione del Paese di origine dei prodotti (2), dispone che "L’indicazione del paese d’origine o del luogo di provenienza è obbligatoria: (a) nel caso in cui l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore in merito al paese d’origine o al luogo di provenienza reali dell’alimento, in particolare se le informazioni che accompagnano l’alimento o contenute nell’etichetta nel loro insieme potrebbero altrimenti far pensare che l’alimento abbia un differente paese d’origine o luogo di provenienza" (articolo 26, Paese d’origine o luogo di provenienza, comma 2).

L'eurodeputata On.le Elisabetta Gardini, nella propria interrogazione scritta 2.2.2015 – oltre a chiedere la conferma della legittimità del progetto a suo tempo annunciato dal ministro Maurizio Martina di ristabilire in etichetta in Italia l'obbligo di citare la sede dello stabilimento di produzione (3) – ha richiesto alla Commissione europea di chiarire la sussistenza del  dovere di indicare il paese di origine o il luogo di provenienza dell'alimento, ogni qual volta la sua omissione possa indurre in errore il consumatore sulla sua effettiva origine. Avuto particolare riguardo alle notizie che accompagnano la commercializzazione del prodotto, ivi compreso il marchio commerciale utilizzato.

Il Commissario Vytenis Andriukaitis, nella propria risposta del 27.2.15, ha chiarito l'obbligo di indicare l'origine del prodotto quando la sua omissione possa indurre in errore i consumatori a causa delle modalità di presentazione dei prodotti, anche in relazione dei marchi utilizzati (ai sensi dell'articolo 26.2.a). Vale a dire che in tutti i casi in cui un alimento venga commercializzato e promosso con un marchio italiano, e pur tuttavia esso sia stato realizzato in diverso territorio, deve essere precisato in etichetta il Paese di ultima trasformazione sostanziale del prodotto.

cibo made in italy2

Ne deriva l'obbligo di specificare in etichetta il Paese di origine dell'alimento ogni qualvolta il prodotto appaia come 'Made in Italy' – anche in ragione di un marchio che i consumatori associano all'Italia – e tuttavia sia stato realizzato altrove (c.d. 'Italian sounding').  Il consumAttore (http://www.greatitalianfoodtrade.it/news-food-times/editoriale-expo-2015-milano-e-il-ruolo-cruciale-dei-consumattori) ha perciò il sacrosanto diritto di sapere, per citare un paio di esempi, che una pizza surgelata a marchio Buitoni è realizzata in Germania, e che alcuni gelati Algida (http://www.greatitalianfoodtrade.it/news-food-times/algida-dopo-70-anni-lo-storico-marchio-italiano-inizia-le-vacanze) sono realizzati in Paesi diversi dall'Italia.

Le autorità di controllo come le associazioni dei consumatori hanno perciò il diritto e il dovere di pretendere, in tutti i casi in cui un alimento commercializzato con un marchio italiano non sia effettivamente prodotto in Italia, la citazione obbligatoria del Paese d'origine in etichetta. Sia pure in attesa che il governo italiano adempia ai suoi doveri – di adeguare la normativa nazionale in tema di etichettatura alla novella europea, e di definire le sanzioni per la violazione di quest'ultima – le imprese a marchio italiano che abbiano delocalizzato la produzione sono già ora consigliate di inserire in etichetta il Paese di ultima trasformazione degli alimenti.

Dario Dongo


Note

(1) Reg. UE 1169/2011
(2) Ai sensi del reg. UE 450/08 (c.d. Codice Doganale Comune, art. 60.2), "Le merci alla cui produzione contribuiscono due o più paesi o territori sono considerate originarie del paese o territorio in cui hanno subito l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale ed economicamente giustificata, effettuata presso un'impresa attrezzata a tale scopo, che si sia conclusa con la fabbricazione di un prodotto nuovo o abbia rappresentato una fase importante del processo di fabbricazione."
(3) NB: l'obbligo di citare in etichetta lo stabilimento di produzione e/o di confezionamento dei prodotti alimentari realizzati e venduti in Italia era già stato previsto nel d.lgs. 109/1992, e a suo tempo accettato dalla Commissione, sulla base di condivise esigenze di tutela della salute pubblica. Sul tema, si fa richiamo alla petizione rilanciata da Great Italian Food Trade, su http://www.greatitalianfoodtrade.it/etichette-alimentari/etichette-trasparenti



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