- 17/11/2022
- Postato da: Dario Dongo
- Categoria: Domande e risposte
Caro Dario buongiorno,
la nostra catena di supermercati si accinge a lanciare una linea di carni e prodotti a base di carne bovina e suina di qualità selezionata, anche per quanto riguarda il benessere animale certificato da CReNBA e l’allevamento senza antibiotici.
Vorrei la Tua opinione in merito all’utilizzo di appositi claim in etichetta e pubblicità, per comunicare ai consumatori queste caratteristiche dei prodotti e delle filiere di approvvigionamento. Grazie, Daniel
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo
Caro Daniel buongiorno,
le prerogative a cui viene fatto richiamo sono prive di normative specifiche di riferimento.
Bisogna perciò verificare la correttezza di ogni claim declinando i criteri generali di lealtà dell’informazione al consumatore alle singole fattispecie. (1)
L’occasione vale a fare luce su alcune possibili criticità nell’informazione commerciale relativa ad alcune certificazioni.
1) ‘Senza antibiotici’
Il claim ‘senza antibiotici’ o ‘antibiotic free’ postula che i capi da cui provengono le carni non abbiano mai subito, nell’intero corso della loro esistenza, alcun trattamento con antibiotici e antimicrobici. Qualora invece il periodo di sospensione sia limitato alla fase conclusiva dell’allevamento, è indispensabile che:
– l’astensione dall’uso di antibiotici sia estesa a un periodo più ampio, in misura significativa, rispetto ai minimi di legge,
– l’informazione sia circostanziata (es. ‘senza antibiotici negli ultimi 8 mesi di vita’), in etichetta e pubblicità, con pari evidenza al concetto e al periodo.
1.1) Controlli di filiera
L’operatore responsabile dell’informazione al consumatore relativa a prodotti di origine animale indicati come ‘senza antibiotici’ o ‘antibiotic free’ deve in ogni caso essere in grado di dimostrare la veridicità di tale claim con strumenti adeguati allo scopo.
I controlli di filiera non possono perciò venire limitati alla verifica dei trattamenti veterinari ‘registrati’, ma devono comprendere audit a sorpresa (non solo visite ‘programmate’), screening e analisi.
L’analisi del rischio deve anche considerare l’effettiva implementazione di buone prassi di allevamento e soluzioni utili a ridurre la necessità d’impiego di antibiotici e antimicrobici (es. Algatan). (2) Tenendo a mente che questo tipo di verifiche (‘senza antibiotici’) esula dai compiti dei veterinari ufficiali.
2) Benessere animale
La dicitura ‘benessere animale’ è di per sé priva di significato, poiché in UE tutti gli operatori coinvolti nelle fasi di allevamento, trasporto e abbattimento sono soggetti alle regole di animal welfare, di cui tra l’altro ora si attende una revisione sistematica. (3)
È indispensabile quindi specificare il significato di tale claim, in modo chiaro e comprensibile, circostanziando le caratteristiche distintive del sistema di allevamento da cui provengono i prodotti rispetto alla semplice applicazione delle regole vigenti.
2.1) Controlli di filiera
Il benessere animale a sua volta è soggetto ai controlli ufficiali dei veterinari pubblici, grazie al reg. UE 2017/625 (4,5). Tali controlli però, si noti bene, hanno lo scopo di verificare il rispetto delle regole europee e nazionali a tutela del benessere animale.
Il controllo di filiera – che ricade sotto la responsabilità dell’operatore con il cui marchio l’alimento viene commercializzato – deve perciò essere rigoroso, non programmato. E deve venire esteso alla verifica degli elementi di animal welfare che vanno al di là dei requisiti legali.
3) CReNBA
CReNBA – il Centro di Referenza per il Benessere Animale, presso l’Istituto Zooprofilattico di Lombardia e Emilia Romagna (IZLER) – ha elaborato un protocollo di valutazione del benessere animale e la biosicurezza negli allevamenti. (6) Una linea guida rivolta in primis ai veterinari pubblici deputati ai controlli ufficiali.
Gli ispettori valutano i livelli di animal welfare e biosicurezza sulla base di una serie di parametri, compilano un’apposita check-list e applicano un algoritmo che consente di attribuire all’allevamento un punteggio, espresso in percentuale di compliance. Gli allevamenti con punteggio >60%, sono considerati ‘conformi’.
3.1) ‘Certificato CReNBA’
Il protocollo CReNBA, come altri schemi e procedure, può costituire oggetto di certificazioni private di parte terza. Senza entrare nel merito delle modalità di esecuzione dei controlli, è opportuno valutare la trasparenza dell’etichettatura ‘certificato CReNBA’ in considerazione di quanto segue.
3.2) Certificazione (parziale) di sistema
Le certificazioni di sistema, in linea di principio, non sono soggette a indicazioni volontarie in etichetta. A differenza delle certificazioni di prodotto, quali ad esempio la certificazione ‘senza antibiotici’ (che presuppone altresì l’assenza di residui di antimicrobici nei prodotti certificati). Inoltre:
– il protocollo CReNBA copre la sola fase dell’allevamento. Senza considerare la c.d. sessazione (uccisione dei pulcini maschi nella filiera delle uova. V. note 7,8) né le fasi di trasporto e abbattimento, le quali pure hanno un impatto rilevante sul benessere dei capi destinati alla produzione di carni,
– di conseguenza, si tratta di una certificazione parziale di sistema, nella filiera delle carni, di per sé non idonea a garantire che il c.d. animal welfare sia stato effettivamente rispettato nell’intera esistenza degli animali.
3.3) Informazione al consumatore
L’informazione al consumatore sulla certificazione di conformità al protocollo CReNBA, anzitutto, deve chiarirne il campo di applicazione. Precisando cioè che riguarda il ‘benessere animale in allevamento’ e non il ‘benessere animale’ tout court. (9)
La certificazione di conformità al protocollo CReNBA, oltretutto:
– può esprimere uno stato ‘accettabile’ (cioè ‘condizioni di vita che, salvo eccezioni, garantiscono il soddisfacimento delle 5 libertà e delle esigenze psicofisiche per tutti gli animali presenti’) ovvero ‘ottimale’ (‘tutti gli animali possono godere appieno di condizioni ottimali superiori a quelle previste per soddisfare le esigenze fisiologiche’),
– può variare, tra la sufficienza all’optimum del benessere animale in allevamento, a esito delle ispezioni o audit periodici. Poiché tale notizia può avere concreto impatto sulle scelte di acquisto dei consumatori, l’operatore dovrebbe garantire la sua trasparenza. Inserendo in etichetta un link o QR-code che consenta al consumatore di accedere alle varie attestazioni rilasciate nel corso del tempo, senza omissioni.
4) ‘Selezionato’, ‘qualità garantita’
I claim del tipo ‘selezionato’, ‘selezionato da noi’ – piuttosto che ‘qualità garantita’ e altre simili diciture in etichetta e pubblicità – si qualificano a loro volta come informazioni volontarie sui prodotti alimentari. E sono perciò soggette, tra l’altro, al requisito della non ambiguità. (1)
Ne consegue l’inammissibilità di diciture criptiche e autoreferenziali. Bisogna invece specificare, anche in questo caso mediante richiamo tramite link o QR-code ad apposita pagina web, i criteri adottati per eseguire la selezione o garantire la qualità. Il cui significato deve a sua volta venire chiarito sulla base di dati oggettivi e distintivi.
4.1) Distintività
I criteri sui quali si fondano claim di ‘selezione’ e ‘qualità’ devono essere distintivi rispetto a quelli adottati per la generalità dei prodotti alimentari della stessa categoria. Non ci si può limitare al rispetto della legislazione vigente e le buone prassi di settore, proprio perché è vietato attribuire a una referenza caratteristiche invece comuni ai prodotti della stessa categoria. (10)
Si richiamano, a titolo di esempio, le procedure adottate da Coop Italia nella selezione dei prodotti ortofrutticoli (e nei relativi capitolati d’acquisto). Laddove viene garantito il rispetto di LMR (livelli massimi di residui) di pesticidi ed erbicidi inferiori, in misura significativa, rispetto ai limiti di legge. Oltre a vietare l’impiego di alcuni prodotti agrochimici nelle coltivazioni. (11)
Cordialmente
Dario
Note
(1) Reg. UE 1169/11, articolo 36
(2) Dario Dongo, Andrea Adelmo Della Penna. Zootecnia, alghe e microalghe per prevenire l’uso di antibiotici. Algatan. GIFT (Great Italian Food Trade). 9.9.20
(3) Dario Dongo, Giulia Torre. Trasporto e benessere animale, 5 pareri di EFSA per definire le nuove regole UE. GIFT (Great Italian Food Trade). 8.9.22
(4) Dario Dongo, Giulia Torre. Controlli ufficiali, al via il regolamento UE 2017/625. GIFT (Great Italian Food Trade). 18.12.19
(5) Dario Dongo, Amaranta Traversa, Sara Lanzilli, Claudio Biglia. Controlli ufficiali, d .lgs. 27/21. Attuazione del reg. UE 2017/625. GIFT (Great Italian Food Trade). 14.3.21
(6) Si veda a esempio il testo di Luigi Bertocchi, Carlo Angelo Sgoifo Rossi, Riccardo Compiani, Francesca Fusi, Alessandra Angelucci, Valentina Lorenzi. Manuale per la valutazione del benessere e della biosicurezza nell’allevamento del vitello a carne bianca. CReNBA. (IZLSER, Brescia, 4a edizione, 2017)
(7) Marta Strinati. Stop all’abbattimento dei pulcini maschi entro il 2026. GIFT (Great Italian Food Trade). 4.8.22
(8) Leonardo James Vinco Luigi Bertocchi Francesca Fusi Giovanna Trambajolo. Valutazione del benessere animale nelle galline ovaiole: manuale esplicativo controllo ufficiale. CReNBA. (IZLSER, Brescia, 2021)
(9) Per analogia, una ‘certificazione di rintracciabilità’ (ISO 22005:2007) limitata alla sola tracciabilità interna all’impianto di trasformazione industriale non può venire pubblicizzata nei termini generici di ‘rintracciabilità certificata’, senza chiarire che essa riguarda una sola fase della filiera
(10) Reg. UE 1169/11, articoli 36, 7.1.c
(11) Marta Strinati. Coop mette al bando glifosate e altri 3 pesticidi. GIFT (Great Italian Food Trade). 10.5.19