- 16/03/2016
- Postato da: Marta
- Categorie: Approfondimenti, Notizie

Dopo avere esaminato lo stato dell’arte nella definizione di una normativa quadro nazionale e avere fornito una rassegna completa della legislazione esistente in materia di commercio equo e solidale, ecco come è affrontata la materia nell’ambito UE.
Dai primi anni Novanta l’Unione europea si andata sempre più occupando del commercio equo e solidale (CEES), ai fini della sua affermazione e diffusione, esortando a tali fini gli Stati membri.
Il 14 gennaio 1994 il Parlamento europeo approvò la Risoluzione A3-0373/93 sulla promozione del CEES fra nord e sud e, in seguito, la Risoluzione A4-198/98/CE del 2 luglio 1998, sul commercio equo e solidale; entrambe le Risoluzioni riconoscono il valore sociale del CEES.
In particolare la Risoluzione del 1998 ritiene che il CEES, per non dare adito ad abusi, dovrebbe perlomeno rispettare i seguenti criteri: acquisti diretti; società europee che importano direttamente da organizzazioni di produttori locali senza intermediari, diverse dalle organizzazioni di esportazione costituitesi a vantaggio di tali prodotti, fatta eccezione per le organizzazioni che, in ragione della loro situazione particolare, non possono esportare senza intermediari; un prezzo equo formato dal prezzo corrente di mercato, laddove esista, più un premio CEES, fermo restando che tale prezzo non può scendere di sotto a una certa soglia; pagamento parziale anticipato, se richiesto dal produttore; mancanza di monopoli d’importazione o vendita, per garantire libero accesso ai prodotti CEES a organismi commerciali e punti vendita; trasparenza dei prezzi, informando il consumatore sul prezzo effettivo ottenuto dal produttore; relazioni stabili e di lunga durata con i produttori; condizioni di produzione che rispettino le convenzioni dell’Organizzazione mondiale del lavoro (OIL) in caso d’impiego di salariati; nessuna discriminazione tra uomini e donne e nessun ricorso al lavoro infantile; rispetto dell’ambiente, protezione dei diritti dell’uomo e, in particolare, dei diritti delle donne e dei bambini nonché rispetto dei metodi di produzione tradizionali che favoriscono lo sviluppo economico e sociale; rispetto dello sviluppo endogeno e sostegno all’autonomia delle popolazioni locali.
Di rilievo è la “Comunicazione della Commissione al Consiglio (COM/1999/619)”.
Nell’introduzione c’è un espresso richiamo all’articolo 117 del Trattato: nel settore della cooperazione allo sviluppo l’Unione europea favorisce lo sviluppo economico e sociale sostenibile dei paesi in via di sviluppo, in particolare di quelli più svantaggiati, l’inserimento armonioso e progressivo di questi paesi nell’economia mondiale, e la lotta contro la povertà. Quindi nella relazione s’introduce il tema del CEES, il cui obiettivo è di garantire che il prezzo pagato ai produttori rappresenti una congrua remunerazione del loro apporto di lavoro, competenza e risorse e una giusta quota del profitto globale. Questo obiettivo viene generalmente realizzato mediante l’impegno dei partecipanti all’iniziativa di commercio equo e solidale a pagare un prezzo equo, negoziato caso per caso. Nella Comunicazione sono numerosi i temi affrontati: come funziona in pratica il CEES; il movimento del CEES tradizionale; le iniziative in materia di marchi; le principali organizzazioni che all’epoca partecipavano al CEES: NEWS (Network of European World Shops), l’EFTA (European Fair Trade Association); IFAT (International Federation for Alternative Trade), e la FLO (Fair Trade Labelling Organisations International). Queste agenzie hanno un registro comune delle organizzazioni di produttori, nel quale risultavano al 1999 iscritti 300 produttori di 29 paesi. A questi argomenti vanno aggiunti quelli sul CEES nell’Unione europea (attività commerciale e politica e interesse dei consumatori); sulle attività in corso a sostegno a sostegno del CEES (aiuto finanziario alle organizzazioni che praticano il CEES, altri contributi finanziari, normativa, altre attività connesse: commercio leale/codici di condotta); sul CEES, l’OMC e la globalizzazione degli scambi.
Più avanti nel tempo, il Parlamento europeo nel 2006, con Risoluzione 2005/2245 (INI), ritorna sull’argomento del CEES sostanzialmente riaffermando che al fine di eliminare il rischio di abusi, il CEES deve soddisfare come minimo tutti questi criteri: un prezzo equo che garantisca un salario equo, copra i costi di una produzione sostenibile e il costo della vita; tale prezzo deve essere almeno pari al prezzo minimo e ai premi del CEES, ove questi siano stati definiti dalle associazioni internazionali del CEES. Prosegue il Parlamento europeo: se il produttore lo richiede, parte del pagamento deve essere versata in anticipo. Occorrono inoltre: relazioni stabili e a lungo termine con i produttori e partecipazione di questi alla definizione delle norme del commercio equo e solidale, trasparenza e tracciabilità lungo l’intera catena di fornitura, al fine di garantire informazione adeguata al consumatore, condizioni di produzione che rispettino l’ottava convenzione di base dell’Organizzazione internazionale del lavoro, rispetto per l’ambiente, protezione dei diritti dell’uomo e, in particolare, dei diritti della donna e del bambino, nonché rispetto dei metodi di produzione tradizionali che promuovono lo sviluppo economico e sociale, costruzione della capacità e responsabilizzazione dei produttori, in particolare dei produttori e dei lavoratori su piccola scala e marginalizzati nei paesi in via di sviluppo, delle loro organizzazioni e delle rispettive comunità, sostegno alla produzione e accesso al mercato per le organizzazioni dei produttori, attività di sensibilizzazione sulla produzione del CEES e le relazioni commerciali, la missione e gli obiettivi del CEES e l’ingiustizia prevalente delle norme commerciali internazionali, la sorveglianza e verifica del rispetto di questi criteri, regolari valutazioni dell’impatto delle attività di commercio equo e solidale.
Bruno Nobile