- 20/11/2017
- Postato da: Marta
- Categorie: Domande e risposte, Notizie

Caro avvocato Dongo,
La nostra cooperativa produce al Mugello, a nord di Firenze, una caciotta di latte vaccino che si vorrebbe appunto chiamare “caciotta toscana”.
Vorremmo perciò capire se possiamo utilizzare questo nome, e come comportarci nelle dichiarazioni d’origine del latte. Visto che impieghiamo materia prima locale e anche dell’Appennino tosco-emiliano, cioè di provenienza contigua ma pur diversa dal “Granducato di Toscana”.
Molte grazie
Andrea
Risponde l’avvocato Dario Dongo, Ph.D. in sicurezza alimentare
Caro Andrea,
In Toscana vi sono alcune caciotte che rientrano nel d.m. MiPAAF 18.6.2015. In particolare caciotta dolce e stagionata, entrambe di latte vaccino. Se sono prodotti tradizionali potrebbero esservi ricette e preparazioni registrate, ad esempio presso la CCIIAA. Il che, in linea di massima, non costituisce un problema.
L’unico prodotto riconosciuto a livello europeo è invece il pecorino toscano DOP.
Senza disturbare altrui disciplinari, l’indicazione di origine o provenienza ‘caciotta toscana’ può quindi venire utilizzata proprio in quanto veritiera e dimostrabile.
A maggior ragione in quanto indicazioni territoriali di maggior dettaglio sono riconosciute in quanto legittime proprio nel decreto origine latte del 9 dicembre 2016.
La circostanza poi che la provenienza del latte abbia estensione regionale più ampia non è ostativa, poiché l’origine del prodotto è attribuita al luogo di sua ultima trasformazione sostanziale.
Suggerisco peraltro, in ottica di trasparenza e valorizzazione del cacio, di aggiungere apposite notizie volontarie in etichetta. Sì da mostrare che – nell’ambito della ‘origine Italia’ – la provenienza del latte trasformato al Mugello sia quella dell’Appennino tosco-emiliano. Il quale, va da sé, abbraccia anche la regione Emilia-Romagna.
Un caro saluto e a presto
Dario