- 21/12/2016
- Postato da: Marta
- Categorie: Approfondimenti, Notizie

Il 6 ottobre 2016 il Parlamento europeo ha approvato con 346 voti a favore e 239 contrari un emendamento alla risoluzione sui materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti per chiedere alla Commissione UE di vietare l’utilizzo di bisfenolo A (BPA) in tutti i Food Contact Materials (FCM).

Secondo il Parlamento Europeo, le valutazioni condotte dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA), nell’ultimo decennio, “non hanno efficacemente affrontato tutte le preoccupazioni in materia di salute legate a questa sostanza”.
Tale richiesta non è che l’ennesimo tassello di un puzzle che si sta piano piano delineando e che porterà, con tutta probabilità, all’abbandono di questa sostanza in ambito MOCA (Materiali ed oggetti a contatto con alimenti) entro i prossimi anni.
Infatti, nonostante l’EFSA abbia confermato con proprio parere del gennaio 2015 che l’esposizione delle persone al bisfenolo A (BPA) attraverso il cibo e altre fonti non alimentari (polveri, cosmetici e carta termica) si può considerare al di sotto della dose giornaliera tollerabile (DGT), e non si ravvisano perciò rischi per la salute dei consumatori, molti Stati europei hanno adottato legislazioni nazionali per la salvaguardia dei consumatori. Così come in USA, Cina e America meridionale.
Rischio tossicità per l’apparato riproduttivo (e non solo)

Le ragioni alla base delle misure di salvaguardia adottate in molti Paesi per eliminare il bisfenolo A risiedono nella natura di questa sostanza, classificata come interferente endocrino. Il BPA può interferire con alcune fasi particolari del ciclo vitale, alterando l’equilibrio ormonale e influenzando negativamente lo sviluppo, la crescita, la riproduzione e il comportamento sia nell’uomo che nelle specie animali.
La caratteristica degli interferenti endocrini, più in generale, è quella di “accendere”, “spegnere” o modificare i normali segnali inviati dagli ormoni. I loro effetti sono preoccupanti poiché insidiosi e difficili da misurare nel medio-lungo termine.
“La ricerca scientifica contemporanea ha in prevalenza caratteristiche mercantili, non è interessata a perseguire studi come quelli eziologici che, verificandone la nocività, potrebbero arrestare la vendita dei prodotti; anche in campo medico ad esempio, difficilmente persegue ricerche su cosa produce le neoplasie o sulle piccole dosi di inquinanti che, spesso considerate normali, agiscono nel tempo e in modo diffusivo sulla salute della popolazione”
(Tomatis, 2007)
L’impiego di BPA attualmente consentito in UE

La vigente disciplina europea consente l’impiego del bisfenolo A nella produzione di imballaggi e materiali a contatto con alimenti (esclusi i biberon in policarbonato), entro determinati limiti di migrazione (0,6 mg per ogni Kg di alimento).
La proposta di regolamento della Commissione europea è volta a ridurre il limite di migrazione specifica (LMS) per il BPA da materiali a contatto con alimenti in plastica, in linea con il parere dell’EFSA pubblicato nel gennaio 2015. Di conseguenza, sarà modificato il regolamento (UE) n. 10/2011 sui materiali e oggetti di plastica destinati a venire a contatto con gli alimenti.
Lo stesso limite di migrazione del BPA sarà inoltre applicato alle vernici e ai rivestimenti applicati a materiali e oggetti a contatto con alimenti.
Consumatori, precauzione fai-da-te?

Di fronte alla frammentazione legislativa in atto nei diversi Paesi, alle evidenze scientifiche confermate da fonti autorevoli e successivamente smentite da fonti altrettanto autorevoli, il consumatore attento alla salute propria e dei propri cari si trova di fatto a dover adottare in proprio il tanto agognato “Principio di precauzione”.
Tale principio – che a livello politico richiede un approccio prudenziale sulle decisioni che attengono a rischi connotati da incertezza scientifica – si traduce in pratica nella ricerca del consumatore di etichette recanti il logo “BPA free” o la scritta “Senza Bisfenolo A”.
La domanda più ovvia da porsi è “Perché questa sostanza è bandita in alcuni Paesi mentre in altri può essere utilizzata? Se si tratta veramente di una sostanza pericolosa, dovrebbe essere vietata dappertutto”.

Prospettiva aziendale, è tempo di abbandonare il BPA
I produttori di MOCA/FCM a loro volta si trovano ora ad affrontare un ‘legal environment’ frastagliato e non privo di incertezze, già nel Mercato interno oltreché nei contesti internazionali.In UE, a dispetto di una legislazione europea armonizzata (il citato regolamento 10/2011 della Commissione europea) sulle plastiche a contatto con alimenti, la questione BPA costringe gli operatori a un aggiornamento continuo tra le norme di Paesi che lo vietano ‘in toto’, Paesi che ne delimitano l’utilizzo in taluni contesti e altri che ne permettono l’impiego senza vincoli.
La soluzione ottimale, se pure in apparenza svantaggiosa in termini di costi ai fini della commercializzazione nei contesti meno vincolati, sembra quella di uniformare la produzione di articoli MOCA a livelli “BPA free”.
Le possibili alternative sono descritte nel rapporto dell’ANSES (l’Agenzia francese per la sicurezza alimentare).
Conclusioni
Il bisfenolo A è davvero pericoloso? Desta preoccupazione? La presa di posizione di parecchie autorità sanitarie del pianeta non lascia spazio a interpretazioni meno prudenziali rispetto a quelle di recente espresse dal Parlamento Europeo.
Mancano evidenze scientifiche sufficienti a confermare l’effettiva sussistenza di un rischio? Nel dubbio dovrebbe venire adottato il principio di precauzione, a maggior ragione tenuto conto delle vulnerabilità specifiche di alcune categorie di consumatori (neonati e bambini, donne incinte, anziani).
Esistono soluzioni, esistono materiali che possono sostituire i polimeri a base di bisfenolo A. Nonostante la sostituzione possa richiedere uno sforzo da parte delle aziende produttrici, è necessario che questo passo venga fatto, poiché è in gioco la salute dei consumatori (e di conseguenza tra l’altro, la reputazione delle aziende).
Certo è che, in attesa di evoluzioni legislative che limitino la presenza di bisfenolo A in tutti i materiali e gli imballaggi a contatto con alimenti, al consumatore non resta che tenere gli occhi aperti. Anche se spesso questo potrebbe non essere sufficiente.
Luca Foltran, Dario Dongo