- 11/02/2017
- Postato da: Marta
- Categorie: Approfondimenti, Notizie
L’approvazione del fatidico ‘decreto sanzioni’ vale a ricordare l’esistenza del c.d. NHC (‘Nutrition & Health Claims Regulation‘). Il regolamento CE 1924/06, che più di altri sintomi ha rivelato l’afasia della Commissione nell’eseguire i mandati del legislatore europeo.
Il primo motivo di biasimo attiene alla decisione della Commissione europea di equiparare i c.d. ‘claim‘ funzionali (ex art. 13 reg. cit.) – vale a dire le indicazioni sulla salute relative al contributo di un alimento, categoria di prodotti o sostanza in essi contenuta, alla fisiologia dell’organismo e delle sue funzioni – con i c.d. ‘disease risk reduction claims‘ (di cui al successivo articolo 14), per ciò che attiene al livello di dimostrazione scientifica da pretendersi per la sua validazione.
I diversi livelli di evidenza scientifica (es. studi osservazionali, bibliografia selezionata secondo ragionevoli criteri), che si sarebbero potuti attendere per confermare l’attendibilità degli ‘health claim‘ più blandi, sono stati respinti. In nome della pretesa di una ‘prova diabolica’, in quanto riferita non a pazienti bensì a individui sani (vale a dire, nell’ambito dell’omeostasi), sui quali condurre studi clinici in doppio cieco contro placebo da assoggettare a pubblicazioni su riviste scientifiche internazionali a elevato ‘impact factor’, a loro volta oggetto di ‘peer review‘ (ai sensi del reg. CE 353/08).
Si è così verificata una inaccettabile discrasia, a tutt’oggi irrisolta, tra il livello (minimale) di prova richiesta per validare le indicazioni salutistiche relative ai farmaci tradizionali di origine vegetale e il ‘red tape‘ invece prescritto su identici ‘claim‘ riferiti ad alimenti di uso corrente. Con la conseguenza che la stessa documentazione ritenuta sufficiente a comunicare la valenza di un rimedio erboristico (es. ‘l’estratto di camomilla facilita il sonno’) è considerata inidonea a esprimere il medesimo concetto sul corrispondente prodotto alimentare (es. camomilla per infusi), anche a prescindere dall’identità e quantità dei principi attivi di riferimento.
La più grave ragione di doglianza riguarda i c.d. profili nutrizionali (reg. CE 1924/06, art. 4), che la Commissione europea venne delegata a definire nel decennio trascorso al preciso scopo di impedire la promozione commerciale di cibi intrinsecamente squilibrati dal punto di vista nutrizionale facendo richiamo a loro possibili prerogative ‘salutistiche’. Laddove, alla colpevole inedia della DG Sanco (ora Santé) è corrisposto il ‘ripensamento’ del Parlamento europeo sulla norma in questione, a seguito di intensa quanto efficace ‘lobby‘ di ‘Big Food‘.
Poiché peraltro anche a Bruxelles ‘il braccio destro non sa cosa sta facendo il braccio sinistro’, annotiamo con curiosità come la sintesi del Regolamento (CE) n. 1924/2006 sulle indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti alimentari redatta da ‘Eur Lex‘ indichi al primo posto, tra i punti chiave della normativa in esame, proprio i profili nutrizionali che la Commissione europea non ha mai attuato (sebbene l’Efsa avesse pubblicato un apposito parere, nell’ormai lontano 2008). A seguire, il testo di ‘Eur Lex’.
Dario Dongo
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QUAL È LO SCOPO DEL REGOLAMENTO?
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Cerca di disciplinare le indicazioni relative ai prodotti alimentari etichettate e pubblicizzate nell’Unione europea (UE).
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Intende garantire che le indicazioni nutrizionali e le indicazioni sulla salute fornite sulle etichette degli alimenti, nelle presentazioni e nelle pubblicità siano chiare e basate su prove scientifiche generalmente accettate dalla comunità scientifica.
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Un’ampia gamma di sostanze quali vitamine, minerali, aminoacidi, acidi grassi essenziali ed estratti di erbe, con un effetto nutrizionale o fisiologico, potrebbero essere presenti in un prodotto alimentare ed essere oggetto di un’indicazione.
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Il regolamento mira pertanto a:
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garantire un elevato livello di tutela dei consumatori;
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fornire a questi ultimi le informazioni necessarie affinché compiano scelte nella piena consapevolezza dei fatti e
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creare condizioni paritarie di concorrenza per l’industria alimentare.
I PUNTI CHIAVE
La Commissione europea deve elaborare profili nutrizionali e formulare le condizioni di utilizzo delle indicazioni nutrizionali e sulla salute riguardanti gli alimenti, tenendo conto:
delle quantità di sostanze nutritive e altre sostanze contenute negli alimenti, come ad esempio:
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acidi grassi,
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acidi grassi saturi,
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acidi grassi trans,
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zuccheri, e
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sale;
del ruolo e dell’importanza dell’alimento nella dieta in genere o di certi gruppi a rischio, come i bambini;
della presenza di sostanze nutritive il cui effetto sulla salute sia stato scientificamente riconosciuto.
Le indicazioni sulla salute non possono:
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essere false, ambigue o fuorvianti;
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dare adito a dubbi sulla sicurezza e/o sull’adeguatezza nutrizionale di altri alimenti;
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incoraggiare un consumo eccessivo;
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suggerire che una dieta equilibrata e varia non possa in generale fornire quantità adeguate di tutte le sostanze nutritive;
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suggerire che la salute potrebbe risultare compromessa dal mancato consumo dell’alimento;
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fare riferimento alla percentuale o all’entità della perdita di peso;
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fare riferimento al parere di un singolo medico o altro operatore sanitario.
L’impiego di indicazioni nutrizionali e sulla salute è permesso soltanto se si è dimostrato che la presenza, l’assenza o il contenuto ridotto in un alimento di una sostanza ha un effetto benefico, sulla base di dati scientifici generalmente accettati. Tali sostanze devono essere presenti in quantità che possano essere ragionevolmente consumate e tali da offrire l’effetto desiderato.
Le indicazioni sulla salute sono consentite solo se sull’etichettatura sono comprese le seguenti informazioni:
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la popolazione di riferimento dell’indicazione;
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una dicitura relativa all’importanza di una dieta varia ed equilibrata e di uno stile di vita sano;
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la quantità dell’alimento e le modalità di consumo necessarie per ottenere l’effetto benefico indicato;
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una dicitura rivolta alle persone che dovrebbero evitare di consumare l’alimento (ad es. donne incinte);
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un’appropriata avvertenza per i prodotti che potrebbero presentare un rischio per la salute se consumati in quantità eccessive;
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una dicitura indicante che la malattia cui l’indicazione fa riferimento è dovuta a molteplici fattori di rischio e che l’intervento su uno di questi può anche non avere un effetto benefico;
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altre limitazioni o consigli per l’uso.
Le indicazioni sulla salute basate su dati scientifici generalmente accettati e ben compresi dal consumatore medio possono essere esentate dal processo di autorizzazione.
Le bevande contenenti più dell’1,2 % in volume di alcol non devono riportare indicazioni nutrizionali o sulla salute diverse da quelle relative alla riduzione nel contenuto alcolico o energetico.
Il regolamento (UE) n. 432/2012 fornisce un elenco delle indicazioni relative alla salute consentite diverse da quelle che si riferiscono alla riduzione del rischio di malattia e allo sviluppo e alla salute dei bambini. Tale regolamento è stato applicato dal 14 dicembre 2012 e viene regolarmente modificato per aggiornare l’elenco delle indicazioni sulla salute recentemente autorizzate.
Domanda di autorizzazione
Ogni produttore può richiedere l’inclusione di una nuova indicazione nell’elenco consentito presentando una domanda a ogni paese dell’UE. Quest’ultimo la inoltra all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) e la Commissione delibererà sull’utilizzo dell’indicazione sulla base del parere scientifico dell’EFSA.