Home Restaurant, le regole per la ristorazione nelle abitazioni

L’iter alla Camera. Nel programma dei lavori della Camera dei Deputati, predisposto dalla Conferenza dei presidenti di gruppo del 29 settembre 2016 per l’ultimo trimestre dell’anno, risulta iscritto nel calendario del mese di novembre la disciplina dell’attività di ristorazione in abitazione privata.

La Commissione Attività produttive, nella seduta del 20 settembre, ha adottato come testo base per il prosieguo dell’esame il testo unificato di quattro proposte di legge1 elaborato dal Comitato ristretto, fissando al 4 ottobre il termine per la presentazione di eventuali emendamenti.

All’o.d.g. dei lavori della Commissione non risulta iscritta la discussione dello schema normativo per la settimana dal 10 al 16 ottobre. Esame che potrebbe avviarsi in quella successiva.

Sollecitazioni a regolamentare e istruzioni amministrative. Nella corrente legislatura l’attività di home restaurant alla Camera è stata, in tempi relativamente recenti, oggetto di due atti d’indirizzo rivolto dal Parlamento al Governo. Entrambi presentati da Angelo Senaldi (PD).

Con l’ordine del giorno C9-03012, presentato da Angelo Senaldi (PD), tenuto conto della crescente diffusione delle home restaurant, attività classificabile come vera e propria di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, che implica l’applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 64, comma 7, del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 592, come in seguito modificato e integrato, s’intendeva impegnare il Governo a confermare l’orientamento interpretativo altrove espresso e a diffondere alla Camere di commercio e agli enti locali un provvedimento amministrativo assicurante uniformità interpretativa su tutto il territorio nazionale. Inoltre s’invitava l’Esecutivo, a valutare l’opportunità di un intervento normativo per disciplinare questa nuova tipologia di attività che rischia altrimenti di configurarsi anomala sul piano della concorrenza, della fiscalità e della tutela della salute pubblica. L’ordine del giorno, tuttavia, fu dichiarato inammissibile nel corso della seduta del 6 febbraio 2015.

Lo stesso Senaldi tornava sull’argomento con il presentare in Commissione Attività produttive una risoluzione (C8-00173) approvata nella seduta del 4 febbraio 2016 e nella quale premetteva l’esistenza di un rischio concreto che, a fronte di modalità diverse di fare ristorazione, dove da un lato ci sono imprese e lavoratori soggetti a norme e prescrizioni rigorose a tutela della qualità del servizio, della salute e della sicurezza dei lavoratori e dei clienti e dall’altro attività potenzialmente scevre da vincoli e controlli, anche igienici e fiscali, ci sia un significativo vulnus alla concorrenza nel settore, con evidente penalizzazione delle imprese in regola. Per questo la risoluzione impegnava il Governo a promuovere un’iniziativa normativa per regolare puntualmente una nuova tipologia di attività che rischia altrimenti di configurarsi anomala sul piano della concorrenza, della fiscalità e della tutela della salute pubblica. 

Quanto alle disposizioni amministrative alle quali in questo periodo poter fare riferimento si segnala la nota redatta dalla Direzione generale per il mercato, la concorrenza, i consumatori, la vigilanza e la normativa tecnica del 2015. Il Ministero dello Sviluppo economico replicava a una Camera di Commercio, richiedente un parere su come configurare l’attività di cuoco a domicilio e se tale attività potesse rientrare fra quelle soggette alla SCIA (Segnalazione certificata d’inizio di attività) da presentare al Comune di residenza, al fine di stabilire in modo chiaro l’iter da seguire per garantire il controllo dei requisiti professionali a tutela del consumatore finale. La richiesta d’informazioni era inerente all’apertura e alla gestione di una home restaurant. Il Ministero, in via preliminare, precisava che l’attività di somministrazione di alimenti e bevande è disciplinata dalla legge 25 agosto 1991, n. 287 (come modificata dal decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59) la quale distingue tra attività esercitate nei confronti del pubblico indistinto (cfr. articolo 1) e attività riservate a particolari soggetti (cfr. articolo 3, comma 6). Detta legge all’articolo 1, comma 1 dispone che “per somministrazione s’intende la vendita per il consumo sul posto” che si esplicita in “… tutti i casi in cui gli acquirenti consumano i prodotti nei locali dell’esercizio o in una superficie aperta al pubblico, all’uopo attrezzati”. L’attività in discorso, secondo il MSE, ancorché esercitata solo in alcuni giorni dedicati e tenuto conto che i soggetti che usufruiscono delle prestazioni sono in numero limitato, non può che essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, perché anche se i prodotti sono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela. Infatti, la fornitura di dette prestazioni comporta il pagamento di un corrispettivo e, quindi, anche con l’innovativa modalità, l’attività in discorso si esplica quale attività economica in senso proprio; di conseguenza non può considerarsi un’attività libera e pertanto non assoggettabile ad alcuna previsione normativa tra quelle applicabili ai soggetti che esercitano un’attività di somministrazione di alimenti e bevande. In precedenza la stessa Amministrazione aveva classificato come un’attività vera e propria di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande quella effettuata da un soggetto che, proprietario di una villa, intendeva preparare cibi e bevande nella propria cucina fornendo tale servizio solo su specifica richiesta e prenotazione da parte di un committente e quindi solo per gli eventuali invitati. Pertanto anche nel caso dei soggetti richiamati nel quesito, considerata la modalità esercitata, andavano applicate le disposizioni di cui all’articolo 64, comma 7, del citato decreto legislativo. Pertanto, previo possesso dei requisiti di onorabilità nonché professionali di cui all’articolo 71 del prefato decreto legislativo detti soggetti sono tenuti a presentare la SCIA o a richiedere l’autorizzazione, ove trattasi di attività svolte in zone tutelate.

Cos’è l’Home Restaurant. È la possibilità offerta a chiunque apra la propria casa e ami stare ai fornelli trasformando l’abitazione e la cucina in un ristorante occasionalmente aperto per amici, conoscenti e perfetti sconosciuti (viaggiatori soprattutto) che avranno la possibilità di sperimentare la cucina originale dei luoghi frequentati abitualmente o in occasione di un viaggio. Per assecondare la realizzazione di una home restaurant è più che frequente il ricorso al web e alle applicazioni mobili specifiche che sfruttano il networking e la “filosofia” del social network: l’home restaurant si apre ad amici, ma anche a sconosciuti. Quanto alle motivazioni dei soggetti coinvolti, per il ristoratore è un’occasione di un’altra entrata economica, per gli ospiti a spingerli verso una home restaurant: curiosità, nuove conoscenze, socializzare, sperimentazione di cucine esotiche.

Il testo unificato adottato. Nella seduta del 20 settembre, come sopra riferito, la Commissione Attività produttive della Camera ha deliberato all’unanimità di adottare quale testo base per il seguito dell’esame il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto.

Il testo si compone di sei articoli.

Articolo 1. Oggetto e finalità. La finalità della proposta è da ricercare la valorizzazione della produzione enogastronomica nell’ambito della cultura del cibo tradizionale di qualità, in particolare attraverso l’utilizzo prioritario di prodotti tipici del territorio dove si svolge l’attività non professionale di ristorazione (home restaurant o food) in strutture abitative di residenza o domicilio proprie o di un soggetto terzo. In ogni caso si garantiscono la tutela dei consumatori e la leale concorrenza.

Articolo 2. Piattaforme tecnologiche di incontro tra domanda ed offerta. Si tratta di una novità introdotta nel testo unificato redatto dal Comitato ristretto, pertanto non riscontrabile in alcuna delle quattro proposte di legge. L’attività di home restaurant si avvale di piattaforme tecnologiche3 che possono prevedere commissioni sul compenso dei servizi erogati come costo di transazione.  La stessa attività va registrata dalle piattaforme tecnologiche in apposito registro elettronico almeno trenta minuti prima della sua fruizione; l’eventuale cancellazione del servizio prima della sua fruizione deve rimanere tracciata. Peraltro le transazioni di denaro avverranno esclusivamente attraverso sistemi di pagamento elettronico e modalità di registrazioni univoche dell’identità. Un decreto del MEF determinerà le modalità per garantire il controllo e l’interoperabilità delle piattaforme fornitrici di servizi di home food. Secondo Bed and Breakfast sono molte le restrizioni previste dallo schema normativo in itinere e che si colgono soprattutto in quest’articolo. A fronte dell’ostilità abbastanza diffusa verso quest’opportunità di una possibile affermazione di un’emergente attività economica, anche se percentualmente modesta nell’ambito del complesso delle attività produttive, è stato ricordato che Commissaria per il mercato interno, Elżbieta Bieńkowska, esorta gli Stati dell’UE a incoraggiare le forme di economia collettiva, quivi compreso il social eating.

Articolo 3. Ambito di applicazione e svolgimento dell’attività di home restaurant. Altre limitazioni sono contenute in quest’articolo. Il primo comma reca con sé affermazioni pleonastiche o che lasciano intravedere un imbrigliamento in norme particolarmente stringenti l’attività di food restaurant, giacché si escludono dall’applicazione dell’emananda legge le attività svolte in ambito privato o comunque da persone unite da vincoli di parentela o di amicizia, che costituiscono attività libere e non soggette a procedura amministrativa. Nulla da rilevare laddove si legge che per lo svolgimento dell’attività di home restaurant i soggetti interessati e abilitati si avvalgono della propria organizzazione familiare e utilizzano parte di una struttura abitativa che deve possedere i requisiti igienico-sanitari previsti dalla normativa vigente. Gli stessi soggetti dovranno possedere i richiesti requisiti di onorabilità previsti dall’articolo 71, commi 1 e 2 del decreto legislativo 59/ 20104. Altra condizione: l’attività di home restaurant non potrebbe superare il numero massimo di dieci coperti il giorno e di cinquecento coperti l’anno purché le somme versate dagli ospiti a titolo di compenso non superino il limite di 5000 euro annui. A conti fatti poco più di 1,3 coperti il giorno e dieci euro a pasto. C’è di che scialare. Alla descritta attività di cui si applica il regime fiscale previsto dalla normativa vigente per le attività saltuarie. Inoltre L’esercizio dell’attività di home restaurant è subordinato al rispetto delle procedure previste dall’attestato dell’analisi dei rischi e controllo dei punti critici (HACCP)5 ai sensi del regolamento (CE) n. 852/20046. Altro obbligo: comunicare al comune competente la segnalazione certificata d’inizio attività (SCIA). Non è necessaria l’iscrizione al registro degli esercenti il commercio. Onere finale previsto dall’articolo di che trattasi: i soggetti esercenti l’attività di home restaurant devono sottoscrivere un’assicurazione per la responsabilità civile verso terzi a copertura degli eventuali danni che si riferiscono all’esercizio dell’attività stessa, compresi i servizi complementari e sussidiari.

Articolo 4. Requisiti degli immobili destinati all’attività di home restaurant. Detti immobili devono possedere i requisiti igienico-sanitari di cui al Regolamento comunitario richiamato alla nota 6.

Articolo 5. Sanzioni. L’esercizio dell’attività di home restaurant in assenza di segnalazione certificata di inizio attività comporta la cessazione dell’attività medesima e la sanzione amministrativa prevista dalla legge 287/19917 (articolo 10).

Articolo 6. Clausola d’invarianza finanziaria. È una clausola da considerarsi ormai di stile.

Previsioni sull’esito dell’iter successivo di testo unificato. Allo stato sono impossibili. In primo luogo vi sarà da verificare quali emendamenti saranno accolti in Commissione e, quindi, dall’Assemblea. Peraltro le altre Commissioni non hanno ancora espresso il parere loro richiesto: è prassi logicamente consolidata di prendere in considerazione un testo normativo che abbia raggiunto un accettabile grado di maturità. Nell passaggio al Senato, sarà modificato, e in che misura, il testo che sarà stato trasmesso dalla Camera? E in quali tempi? Sempre che l’esile impalcatura di questo provvedimento non crolli se le vicende legate al referendum costituzionale e all’Italicum non comporteranno un ricorso anticipato alle urne.

Bruno Nobile

Note

1 AC 3258 – Antonino Minardo (AP (NCD-UDC)): Disciplina dell’attività di ristorazione in abitazione privata (home restaurant); AC 3337 – Azzurra Pia Maria Cancelleri (M5S) e altri: Disciplina dell’attività di ristorazione in abitazione privata; AC 3725 – Lorenzo Basso (PD) e altri: Disciplina dell’attività di ristorazione e ricettiva in abitazione privata – AC3807 – Lara Ricciatti (SI-SEL) e altri: Disciplina dell’attività di ristorazione in abitazione privata.

2 Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59: Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno – Articolo 64 (Somministrazione di alimenti e bevande). Comma 7: Esclusione dalla programmazione delle attività di somministrazione di alimenti e bevande.

3 Una piattaforma è una tecnologia di base, sulla quale sono sviluppate altre tecnologie.

4 V.: Decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59: Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno. L’articolo 71 (Requisiti di accesso e di esercizio delle attività commerciali) ai commi 1 e 2 recita: “1. Non possono esercitare l’attività commerciale di vendita e di somministrazione: a) coloro che sono stati dichiarati delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo che abbiano ottenuto la riabilitazione; b) coloro che hanno riportato una condanna, con sentenza passata in giudicato, per delitto non colposo, per il quale è prevista una pena detentiva non inferiore nel minimo a tre anni, sempre che sia stata applicata, in concreto, una pena superiore al minimo edittale; c) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna a pena detentiva per uno dei delitti di cui al libro II, Titolo VIII, capo II del codice penale, ovvero per ricettazione, riciclaggio, insolvenza fraudolenta, bancarotta fraudolenta, usura, rapina, delitti contro la persona commessi con violenza, estorsione; d) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro l’igiene e la sanità pubblica, compresi i delitti di cui al libro II, Titolo VI, capo II del codice penale; e) coloro che hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, due o più condanne, nel quinquennio precedente all’inizio dell’esercizio dell’attività, per delitti di frode nella preparazione e nel commercio degli alimenti previsti da leggi speciali; f) coloro che sono sottoposti a una delle misure di prevenzione di cui alla legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o nei cui confronti sia stata applicata una delle misure previste dalla legge 31 maggio 1965, n. 575, ovvero a misure di sicurezza. 2. Non possono esercitare l’attività di somministrazione di alimenti e bevande coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, o hanno riportato, con sentenza passata in giudicato, una condanna per reati contro la moralità pubblica e il buon costume, per delitti commessi in stato di ubriachezza o in stato di intossicazione da stupefacenti; per reati concernenti la prevenzione dell’alcolismo, le sostanze stupefacenti o psicotrope, il gioco d’azzardo, le scommesse clandestine, nonché per reati relativi ad infrazioni alle norme sui giochi.

5 L’HACCP, acronimo di Hazard Analysis and Critical Control Points, è una metodologia che consente di applicare l’autocontrollo nelle imprese alimentari in maniera razionale e organizzata.

6 Regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 29 aprile 2004 sull’igiene dei prodotti alimentari.

7 Legge 25 agosto 1991, n. 287: Aggiornamento della normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi. Così il comma 1 dell’articolo 10 (Sanzioni): A chiunque eserciti l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande senza l’autorizzazione, ovvero senza la segnalazione certificata di inizio di attività ovvero quando sia stato emesso un provvedimento di inibizione o di divieto di prosecuzione dell’attività ed il titolare non vi abbia ottemperato, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.500 euro a 15.000 euro e la chiusura dell’esercizio.



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