- 08/08/2016
- Postato da: Marta
- Categoria: Notizie

Il 13 dicembre 2016 è l’ultimo giorno utile per smaltire le etichette alimentari prive di dichiarazione nutrizionale, secondo quanto previsto dal c.d. “Food Information Regulation”, reg. (UE) n. 1169/11. La Commissione europea non si è degnata di chiarire quali ‘piccole quantità’ di cibi venduti su scala ‘locale’ saranno esentate da questo onere, di non poco conto per le centinaia di migliaia di micro-imprese europee di settore. E così, gli Stati membri si muovono.
Il governo belga ha sottoposto agli “stakeholders” una bozza di linee guida (1) per l’interpretazione del regolamento “Food Information to Consumer”, con parecchi esempi, in modo da chiarire sia l’estensione della deroga dall’etichettatura nutrizionale per “small quantities of products to the final consumer or to local retail establishments”, sia di quella più generale a favore dei c.d. “pre-incarti” (“foods prepacked for direct sale”).
In Irlanda, la “Food Safety Authority of Ireland” (FSAI) ha lanciato una consultazione nazionale (aperta fino al 22 agosto 2016), al preciso scopo di raccogliere i punti di vista delle parti sociali interessate circa la definizione di “piccole quantità di prodotti”. Proprio per evitare che artigiani e coltivatori diretti vengano onerati di fornire notizie non sempre “indispensabili” per i consumatori che, ad esempio, si rechino a comprare una ciotola di ricotta al “farmers’ market”.
Ancora più pragmatico l’approccio in Repubblica Ceca, ove lo “Czech Act on foodstuffs” deroga espressamente dalla tabella obbligatoria le merci che provengano da imprese con un fatturato non superiore a 20 milioni di CZK (pari a € 740 mila circa) e meno di dieci dipendenti addetti alla sola area di produzione (senza considerare perciò, a esempio, quelli che operano in amministrazione, commerciale, logistica).
L’Italia rimane purtroppo il fanalino di coda, tra gli Stati membri UE, per quanto attiene al recepimento delle norme europee su etichette e pubblicità degli alimenti. Un vero peccato, considerata la terza posizione in Europa del Bel Paese, dopo Germania e Francia, per le produzioni alimentari. Nonché il primo posto per le registrazioni di DOP e IGP. Ma il governo in carica non pare interessato a garantire chiarezza e certezza giuridica al secondo settore manifatturiero nazionale.
Dario Dongo
Note
(1) http://www.favv-afsca.be/