- 03/05/2016
- Postato da: Marta
- Categoria: Notizie

Da una sponda all’altra dell’Oceano atlantico, il glifosato riaffiora. In Europa, ove le confederazioni agricole al fianco di Monsanto ne hanno boicottato il divieto. In USA, ‘class action’ per i suoi residui nei cereali venduti con la promessa ‘100 Percent Natural’. Alle Corti di Brooklin, San Francisco e Illinois il caso ‘Quaker Oats’.
Il gruppo PepsiCo, titolare del ‘brand del quacchero’, è stato denunciato da alcuni gruppi di consumatori negli Stati Uniti per pubblicità falsa e ingannevole sul suo prodotto di punta. I famosi e storici fiocchi di avena, presentati come ‘100% naturale’, contengono infatti residui del venefico pesticida (1). Tutti i nodi tornano al pettine, si direbbe.
Sul glifosato, interferente endocrino di sospetta cancerogenicità, la sensibilità dei cittadini è in continua crescita. Vari milioni di firme sono stati raccolti nei cinque continenti affinché i governi ne vietino l’impiego in agricoltura, a causa di fondati timori per la salute umana e animale, e la tutela dell’ambiente (2). Ed ecco che i consumAttori – non più disposti a venire ignorati da una politica troppo vicina agli interessi delle ‘lobby’ – sublimano le proprie istanze e preoccupazioni in scelte d’acquisto coese, vedasi il caso ‘palma’, o in azioni giudiziarie, come in questa vicenda.
Il concetto di ‘100% naturale’ è tuttora privo di criteri univoci di applicazione, in America come in Europa. Cosa significa la ‘completa naturalità’ di una derrata agricola, di un prodotto che derivi dalla sua prima trasformazione, o di un alimento composto? In agricoltura si può considerare ‘naturale’, forse non proprio ‘100%’, ciò che è realizzato con metodo di lotta integrata? Nei prodotti trasformati, quali additivi alimentari sono compatibili con la ‘natura’? E come si distingue il ‘naturale anarchico’ rispetto al biologico (3), invece soggetto a rigorosa disciplina? Il confine tra ‘libero da…’ e ‘bio’ – come si è avuto modo di evidenziare nel caso dei vini (4) – è piuttosto labile.
Il ‘Quaker Oats oatmeal’ oltretutto era stato il primo alimento a ricevere l’autorizzazione della ‘Food and Drug Administration‘, nel lontano 1997, a vantare la sua salubrità (5). Ma i consumatori hanno accusato il colosso PepsiCo di averli confusi, non immaginavano che un’avena ‘tutta naturale’ potesse recare traccia di ‘RoundUp’. E dunque, nell’affermare che un cereale ‘fa bene’, l’operatore dovrebbe forse introdurre una sorta di ‘disclaimer’, del tipo “fa bene per questa e quell’altra proprietà nutrizionale, ma sia chiaro che non è ‘organic'”? In assenza di regole chiare, dalla disciplina dei ‘Nutrition & Health Claims’ si sconfina verso quella delle produzioni bio, verso una dimensione olistica del ‘better for you’ ancora in cerca d’autore regolatorio. Saranno forse i giudici dei distretti di NY, California e Illinois (6) a tracciare un nuovo solco?
Dario Dongo
www.foodagriculturerequirements.com
Note
(1) http://www.greatitalianfoodtrade.it/news-food-times/armi-di-distruzione-di-massa-il-glifosato
(2) http://www.greatitalianfoodtrade.it/news-food-times/glifosato-ora-basta
(3) sul ‘bio‘, cfr. www.ilfattoalimentare.it/si-fa-presto-a-dire-bio-ma-cosa-significa.html
(4) su ‘vino libero’ e ‘vino naturale’, cfr. http://www.ilfattoalimentare.it/vino-naturale-libero-biologico-federbio-marketing.html. Sul vino biologico, http://www.ilfattoalimentare.it/vino-biologico-regolamento-ue.html
(5) http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1541-4337.2011.00170.x/full
(6) Casi Daly vs. Quaker Oats, 16-cv-2155, U.S. District Court, Eastern District of New York (Brooklyn), Cooper vs. Quaker Oats, 16-cv-2364, U.S. District Court, Northern District of California (San Francisco), Wheeler e altri vs. Quaker Oats C. Cook County Chancery Division, 16-ch-06075, Illinois