- 01/03/2016
- Postato da: Marta
- Categorie: Approfondimenti, Notizie

Per disciplinare i prodotti agricoli a chilometro zero (food miles) si avviò nella scorsa legislatura, presso la Commissione Agricoltura della Camera, l’esame congiunto di sei proposte di legge, delle quali si cercò di redigere un testo unificato da presentare all’Aula. Lo scioglimento delle Assemblee legislative non consentì l’ulteriore iter dei provvedimenti.
A fronte della lentezza con la quale procedono i lavori parlamentari per contro sta di fatto che le Regioni non hanno atteso la legge nazionale quadro (come in altre circostanze: per tutte, il libretto sanitario) e sono tutte intervenute se non a sostegno dei prodotti a chilometro zero, a favore di quelli regionali, stagionali, di qualità, biologici, tipici, DOP, IGP, tradizionali, locali, a contenuto impatto ambientale1.
In questa legislatura, presso la medesima Commissione, sono all’esame tre proposte di legge (C. 77, C. 1052 e C. 1223) volte a favorire la vendita diretta ed il consumo dei prodotti alimentari provenienti filiera corta2 .
L’esame è iniziato il 20 maggio 2013. Il 17 luglio dello stesso anno la Commissione deliberò di procedere la discussione in sede di comitato ristretto. Nella riunione del 10 febbraio dello scorso anno la Commissione adottò per il seguito dell’esame il testo finalmente elaborato nel frattempo dal comitato ristretto. Non risulta siano state sinora avviate consultazioni delle parti interessate, istituzionali o private, per acquisirne pareri e documentazione.
Le motivazioni delle proposte di legge
Le motivazioni addotte per normare e incentivare tali produzioni sono di diversa natura:
è opportuno fornire criteri e principi direttivi in materia per la legislazione delle regioni, molte delle quali sono già, peraltro, intervenute con propri provvedimenti;
il binomio qualità-territorio costituisce elemento di forza sul quale l’agricoltura italiana può puntare per accrescere la propria competitività sui mercati esteri;
si va affermando la cultura della stagionalità;
sono sempre più ricercati i prodotti locali, che sembrano offrire maggiori garanzie circa la loro genuinità e sicurezza;
l’aumento dei farmer’s market (Mercati campagna amica, Punti campagna amica). Rete di vendita capillare che ha bisogno di un intervento legislativo volto a incentivare i consumatori e a sostenere i produttori;
s’incentiva la biodiversità delle produzioni;
il prodotto proveniente da località remote osta, non di rado, a rintracciarne l’origine;
non tutti i Paesi stranieri garantiscono un elevato controllo igienico-sanitario;
cresce la propensione all’acquisto di prodotti biologici e di quelli certificati;
il prodotto consumato poco dopo essere stato raccolto garantisce il mantenimento delle caratteristiche organolettiche e dei principi nutritivi:
acquista sempre maggiori consensi il principio dell’eco-compatibilità (riduzione di anidride carbonica immessa in atmosfera al diminuire del traffico prevalentemente su gomma per il trasporto della merce);
alla riduzione della distanza fisica tra luogo di produzione e consumatore, corrisponde altresì una riduzione dei passaggi intermedi sia di lavorazione (raccolta, lavaggio, mondatura, primo stoccaggio) comportante risparmi idrici ed energetici, di confezionamento con imballaggi di platica e/o di cartone, di accesso, anche attraverso intermediazioni, alla grande distribuzione organizzata. Ne consegue un abbattimento dei costi e quindi dei prezzi;
tenendo presente che esistono prodotti della terra che, essenzialmente per ragioni climatiche, ma non solo, non possono essere coltivati in tutto il territorio nazionale, privilegiare il consumo e l’acquisto dei prodotti locali crea valore aggiunto sul territorio.
Il testo del Comitato ristretto
Il testo elaborato dal Comitato ristretto ha per titolo: “Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero e di qualità” ed è strutturato in sette articoli e un allegato. L’ipotesi legislativa formulata incide – legibus sic stantibus – sulle norme della concorrenza (sino a oggi di competenza esclusiva dello Stato) e sulla materia alimentazione, attribuita alla competenza concorrente dello Stato e delle Regioni.
L’articolo 1 indica le finalità della legge: valorizzare e a promuovere la domanda e l’offerta dei prodotti agricoli e agroalimentari a chilometro zero, di quelli provenienti da filiera corta, dei prodotti agricoli e alimentari di origine locale, stagionali e di qualità, e dei prodotti provenienti da sistemi di garanzia partecipativa, favorendone il consumo e la commercializzazione e garantendo ai consumatori un’adeguata informazione sulla loro origine e sulle loro specificità. Le regioni, le province autonome e gli enti locali adottano le iniziative di loro competenza per assicurare la valorizzazione e la promozione delle predette produzioni agricole e agroalimentari.
L’articolo 2 è inteso a definire: a) prodotti agricoli e agroalimentari a chilometro zero: i prodotti agricoli e alimentari provenienti da areali fitogeografici di produzione posti a una distanza non superiore a settanta chilometri di raggio dal luogo previsto per il loro consumo, o quelli per i quali è dimostrato un limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto calcolato dalla fase di produzione fino al momento del consumo finale. Ai fini della dimostrazione del limitato apporto delle emissioni inquinanti le regioni e le province autonome stabiliscono i criteri e i parametri che i produttori agricoli e agroalimentari devono osservare per attestare il possesso di tali requisiti da parte delle relative produzioni a chilometro zero. Sarebbe stato forse più opportuno per ragioni di omogeneità su tutto il territorio nazionale demandare a un decreto ministeriale l’individuazione di parametri certi attinenti al ridotto apporto di emissioni inquinanti; b) prodotti di qualità certificati: i prodotti agricoli e agroalimentari provenienti da coltivazioni biologiche, nonché i prodotti agricoli e alimentari designati da indicazioni geografiche e da denominazioni d’origine protette, i prodotti agricoli e alimentari registrati ai sensi delle specialità tradizionali garantite, nonché i prodotti tradizionali e le produzioni agroalimentari italiane tipiche e di qualità individuati ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 30 aprile 1998, n. 1733; c) prodotti provenienti da sistemi di garanzia partecipata: prodotti provenienti da sistemi di assicurazione della qualità che agiscono su base locale nei quali la certificazione di qualità è conferita attraverso l’accertamento diretto da parte dei soggetti partecipanti, consumatori e produttori, del rispetto dei criteri guida definiti da ciascun sistema a livello locale in base alle proprie relazioni di fiducia, interdipendenza e scambio di conoscenze4.
L’articolo 3 detta criteri minimi ambientali nel servizio di ristorazione collettiva e nella fornitura di prodotti alimentari. Fatte salve le disposizioni legislative vigenti che stabiliscono criteri più restrittivi di quelli di seguito indicate, nelle procedure a evidenza pubblica per l’affidamento del servizio di ristorazione collettiva e per la fornitura di prodotti alimentari devono essere inseriti i criteri minimi ambientali previsti ai paragrafi 5.3.1 e 6.3.15 dell’allegato 1 annesso al decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare 25 luglio 20116. I fornitori di servizi di ristorazione e per la fornitura di prodotti alimentari si faranno carico di informare gli utenti a proposito dei criteri ambientali applicati.
L’articolo 4 disciplina la vendita dei prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta e dei prodotti di qualità. I comuni, in caso di apertura dei mercati degli imprenditori agricoli a vendita diretta, possono (una facoltà non un obbligo) riservare agli imprenditori agricoli esercenti la vendita diretta di prodotti agricoli almeno il 20 per cento del totale dei posteggi nei mercati al dettaglio situati in aree pubbliche. Per favorire l’acquisto e il consumo di prodotti a filiera corta e assicurare un’adeguata informazione ai consumatori sull’origine e sulle specificità dei prodotti stessi, le strutture commerciali possono destinare alla vendita di tali prodotti almeno (avverbio che si adatta piuttosto a un obbligo che a una facoltà) il 30 per cento della superficie totale. A tal fine i comuni destinano specifiche aree per la realizzazione dei mercati riservati alla vendita diretta da parte degli imprenditori agricoli. Inoltre è assicurato uno spazio dedicato e allestito in modo da rendere adeguatamente visibili e identificabili le caratteristiche di eco-compatibilità dei medesimi prodotti. È fatta salva la facoltà per gli imprenditori agricoli, singoli e associati, di costituire mercati riservati alla vendita diretta, su area pubblica o privata, nel rispetto delle norme igienico-sanitarie e delle disposizioni in materia di ordine pubblico.
L’articolo 5 reca modificazioni all’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 2287. Si prevede che la disciplina amministrativa di cui al citato articolo si applichi anche alle società di persone e alle società a responsabilità limitata, purché costituite da imprenditori agricoli, che esercitano esclusivamente le attività dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti agricoli ceduti dai soci, nonché ai produttori inseriti in sistemi di garanzia partecipativa e dai relativi familiari coadiuvanti, nonché dal personale dipendente. Per la vendita al dettaglio esercitata su superfici all’aperto nell’ambito dell’azienda agricola o di altre aree private di cui gli imprenditori agricoli abbiano la disponibilità, nonché per la vendita esercitata in occasione di sagre, fiere, manifestazioni a carattere religioso, benefico o politico o di promozione dei prodotti tipici o locali, non è richiesta la comunicazione d’inizio attività. Inoltre qualora s’intenda esercitare la vendita al dettaglio non in forma itinerante su aree pubbliche la comunicazione è indirizzata al sindaco del comune in cui s’intende esercitare la vendita e l’attività può essere iniziata contestualmente alla concessione da parte del comune dell’area su cui esercitare la vendita. Per la vendita al dettaglio su aree pubbliche mediante l’utilizzo di un posteggio la comunicazione deve contenere la richiesta di assegnazione del posteggio medesimo e l’attività può essere iniziata contestualmente all’assegnazione del predetto posteggio. Infine, la vendita diretta in locali aperti al pubblico, ivi compresi i locali facenti parte dell’azienda agricola, è soggetta a comunicazione al comune nel cui territorio sono ubicati i locali e può essere effettuata a decorrere dalla data d’invio della stessa comunicazione.
L’articolo 6 istituisce il Marchio “chilometro zero”. Si demanda a un decreto del Ministro delle politiche agricole l’istituzione di un marchio di filiera “Chilometro zero”, che identifica i prodotti agricoli e agroalimentari di comprovata sostenibilità ambientale per i quali dalla produzione alla distribuzione è dimostrato un ridotto apporto di emissioni inquinanti. Tale marchio può essere evidenziato, assieme alle caratteristiche ambientali di tali prodotti, nello scontrino rilasciato nei mercati e nelle strutture commerciali che vendono tali prodotti. Alle regioni e alle province autonome compete l’istituzione un albo delle imprese agricole e agroalimentari, delle imprese di acquacoltura, dei sistemi di garanzia partecipativa e delle imprese commerciali che vendono prodotti a chilometro zero. Iscrizione all’albo gratuita e non soggetta alla tassa di concessione governativa. Spetta altresì alle Istituzioni regionali e provinciali (autonome) la pubblicazione annua dell’elenco aggiornato delle imprese iscritte all’albo. Si tratta in ogni caso di un marchio di conformità volontario e non obbligatorio. Per la disciplina dettagliata dell’iscrizione lo stesso articolo 6 rinvia a uno specifico allegato8.
Da ultimo, l’articolo 7 detta norme in materia di attività di controllo e sanzioni. Si prevede nell‘ambito del Comando carabinieri politiche agricole e alimentari del MiPAAF l’istituzione di un nucleo per funzioni di prevenzione e di controllo dei prodotti di qualità e da filiera corta e di educazione e d’informazione alimentari di carattere non sanitario. Regioni, province autonome ed enti locali, eserciteranno i controlli per l’accertamento delle infrazioni delle disposizioni di cui alla presente legge, avvalendosi degli organi di polizia amministrativa locale, anche attraverso l’istituzione, nell’ambito degli stessi, di appositi gruppi d’intervento. Le norme in merito ai controlli sono estese anche alle disposizioni concernenti la materia di prodotti ortofrutticoli freschi.
Bruno Nobile
Note
1 Abruzzo. Legge regionale 20 ottobre 2010, n.42: Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli di qualità a chilometro zero. Basilicata. Legge regionale 13 luglio 2012, n. 12: Norme per orientare e sostenere il consumo di prodotti agricoli di origine regionale a chilometri zero. Calabria. Legge regionale 14 agosto 2008, n. 29: Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli a chilometri zero. Legge modificata e integrata con le LL.RR. 26 febbraio 2010, n. 8, 11 agosto 2010, n. 22, 11 giugno 2012, n. 22 e 1 ottobre 2012, n. 43. Campania. Legge regionale per il sostegno dei gruppi di acquisto solidale (GAS) e per la distribuzione di prodotti agroalimentari da fiera corta e di prodotti di qualità e modifiche alla legge regionale 8 agosto 2014, n. 20 (Riconoscimento e costituzione dei distretti rurali, dei distretti agroalimentari di qualità e dei distretti di filiera). Emilia Romagna. Indirettamente se ne occupa la Legge regionale 4 novembre 2002, n. 29: Norme per l’orientamento dei consumi e l’educazione alimentare e per la qualificazione dei servizi di ristorazione collettiva. Friuli Venezia Giulia. Le linee guida per la valorizzazione dei prodotti di qualità nella ristorazione scolastica (marzo 2011) fanno espresso riferimento alla filiera corta, ai chilometri zero, ai prodotti biologici, ai DOP, agli IGP, agli STG e ai tradizionali. Lazio. Legge regionale 6 agosto 2012: Disposizioni per sostenere il consumo dei prodotti agricoli provenienti dalle aziende agricole ubicate nel territorio regionale. Liguria. Legge regionale 30 aprile 2012, n. 19. Valorizzazione dei prodotti agricoli provenienti da filiera corta. Modificazioni e integrazioni alla legge regionale 21 marzo 2007, n. 13 (Disciplina degli itinerari dei gusti e dei profumi di Liguria, delle enoteche regionali, nonché interventi a favore della ricettività diffusa) e alla legge regionale 5 dicembre 2011, n. 34: Iniziative di aiuto ai settori della pesca e dell’agricoltura, implementazione del fondo di cui alla legge regionale 3 febbraio 2010, n. 1 (Interventi urgenti conseguenti agli eccezionali eventi meteorologici verificatisi nei mesi di dicembre 2009, gennaio e ottobre 2010 e nel corso dell’anno 2011) e ulteriori modificazioni alla L.R. n. 1/2010 e alla legge regionale 2 gennaio 2007, n. 1 (Testo unico in materia di commercio). Lombardia. Legge regionale 5 dicembre 2008 n. 31: Testo unico delle leggi regionali in materia di agricoltura, foreste, pesca e sviluppo rurale. All’articolo 10.1 si statuisce che “La Regione, con le forme di concertazione previste dalla stessa legge, adotta provvedimenti volti a favorire la filiera corta”. Marche. Legge regionale 7 luglio 2009: Norme a sostegno del consumo dei prodotti agricoli di origine regionale. Molise. Legge regionale 9 febbraio 2010, n.4: Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli stagionali e di qualità. Piemonte. Legge regionale 23 maggio 2008, n. 12: Legge finanziaria per l’anno 2008. L’articolo 11 prevede contributi agli Enti Locali per interventi destinati allo sviluppo della filiera corta. Puglia. Legge regionale 19 dicembre 2008, n. 19: Norme per il sostegno del consumo dei prodotti agricoli regionali. La Corte costituzionale con sentenza n. 292 del 2013 si è pronunciata nel giudizio di legittimità costituzionale su ricorso del Governo avverso gli artt. 3, comma 1, lettera c), e 4, comma 5, della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2012, n. 43, recante “Norme per il sostegno dei Gruppi acquisto solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero, di qualità”. La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizione combinata degli artt. 3, comma 1, lettera c), e 4, comma 5, della legge della Regione Puglia 13 dicembre 2012, n. 43, recante «Norme per il sostegno dei Gruppi acquisto solidale (GAS) e per la promozione dei prodotti agricoli da filiera corta, a chilometro zero, di qualità», nella parte in cui include tra i prodotti la cui utilizzazione garantisce priorità nell’affidamento dei servizi di ristorazione collettiva da parte degli enti pubblici anche i prodotti trasportati all’interno del territorio regionale, a prescindere dal livello delle emissioni di anidride carbonica equivalente connesse a tale trasporto. Sardegna. Legge regionale 19 gennaio 2010, n. 1: Norme per la promozione della qualità dei prodotti della Sardegna, della concorrenza e della tutela ambientale e modifiche alla legge regionale 23 giugno 1998, n. 18 (Nuove norme per l’esercizio dell’agriturismo e del turismo rurale). Sicilia. Decreto Assessorato delle risorse agricole e alimentari 18 ottobre 2012. Criteri e modalità per l’istituzione e la diffusione del logo identificativo dei prodotti siciliani di qualità “Sicilia Km Zero”. Toscana. Legge regionale 28 dicembre 2009, n. 80: Modifiche alla legge regionale 23 giugno 2003, n. 30. L’articolo 15 prevede che la somministrazione di pasti, alimenti e bevande in ambito agrituristico è svolta con prodotti aziendali, integrati da prodotti delle aziende agricole locali, nonché da prodotti di origine e/o certificati toscani, nel rispetto del sistema della filiera corta e che il regolamento di attuazione definisce la natura dei prodotti aziendali e dei prodotti di origine e/o certificati toscani e/o locali da utilizzare. Trentino Alto Adige. Legge provinciale (Trento) 3 novembre 2009, n. 13: Norme per la promozione dei prodotti agricoli e agroalimentari a basso impatto ambientale e per l’educazione alimentare e il consumo consapevole. Umbria. Legge regionale 10 febbraio 2011, n. 1: Norme per il sostegno dei gruppi d’acquisto solidale e popolare (GASP) e per la promozione dei prodotti alimentari a chilometro zero, da filiera corta e di qualità. Veneto. Legge regionale 25 luglio 2008, n. 7: Norme per orientare e sostenere il consumo dei prodotti agricoli di origine regionale.
2 La proposta di legge C. 77 (“Norme per la valorizzazione dei prodotti agricoli e alimentari provenienti da filiera corta a chilometro zero e di qualità, nonché modifiche all’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228″) d’iniziativa di Realacci (PD) e altri, si compone di otto articoli e di un allegato. Articolo 1 (Finalità). Sono indicati gli obiettivi ai quali s’ispirano le norme. Articolo 2 (Definizioni). Contiene le definizioni dei termini adottati e, in particolare, la denominazione di filiera corta che consente l’individuazione dei prodotti che garantiscono un limitato apporto di emissioni inquinanti legate alla fase di movimentazione dei prodotti agricoli e agroalimentari. Gli articoli 3 (Criteri minimi ambientali nel servizio di ristorazione collettiva e nella fornitura di prodotti alimentari) e 4 (Vendita dei prodotti a chilometro zero provenienti da filiera corta e dei prodotti di qualità) dettano le norme per favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di prodotti di qualità ed ecocompatibili, la loro riconoscibilità e la trasparenza delle informazioni. L’articolo 5 (Modificazioni all’articolo 4 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228) prevede il riconoscimento dell’esercizio della vendita diretta di prodotti agricoli e alimentari, secondo la disciplina amministrativa di cui al testé citato articolo 4), anche da parte delle società di persone e delle società a responsabilità limitata, costituite da imprenditori agricoli. È modificata la disciplina amministrativa in materia di vendita diretta, in ordine agli effetti della comunicazione d’inizio attività nonché alla possibilità per le imprese agricole di effettuare la somministrazione non assistita dei prodotti posti in vendita. Infine, si positivizza, per così dire, quanto già statuito dalla giurisprudenza amministrativa circa la possibilità di esercitare la vendita diretta a prescindere dalla destinazione edilizia dei fabbricati a ciò destinati, fatta salva l’osservanza della disciplina igienico-sanitaria. L’articolo 6 (Norme in materia di edilizia) prevede modalità di valorizzazione dei prodotti a chilometro zero nell’ambito del settore della grande distribuzione. L’articolo 7 (Istituzione del marchio «chilometro zero ) e l’allegato 1 istituiscono e disciplinano la licenza d’uso del marchio “chilometro zero”: un marchio di filiera che certifica il limitato apporto delle emissioni inquinanti derivanti dal trasporto calcolato dalla fase di produzione fino al momento del consumo finale. L’articolo 8 (Attività di controllo e sanzioni) predispone infine la creazione, presso il Comando carabinieri politiche agricole e alimentari, di un apposito nucleo destinato ad assicurare i controlli e la prevenzione in materia di tutela della sostenibilità ambientale e della qualità dei prodotti.
La proposta di legge C. 1052 (“Norme per la promozione della vendita diretta e del consumo dei prodotti alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta e dei prodotti alimentari stagionali e di qualità”) d’iniziativa di Caon (Gruppo Misto) e altri, si compone di dieci articoli. L’articolo 1 (Oggetto e finalità): sono individuati nella valorizzazione qualitativa dei prodotti alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta, stagionali e di qualità e negli interventi specifici da porre in essere al fine di incentivarne il consumo anche tramite il loro utilizzo nei servizi di ristorazione collettiva pubblica e privata. L’articolo 2 (Definizioni): vengono definiti i prodotti alimentari a chilometro zero provenienti da filiera corta, i prodotti alimentari stagionali, i prodotti alimentari di qualità e il mercato alimentare di vendita diretta.